LA NOVITA' DEL
MONDO BAROCCO
Nell'ambito della più obiettiva e
positiva valutazione dell'età barocca perseguita della
critica più recente l'Anceschi indica quanto dall'ordine
rinascimentale siano lontani non solo il gusto fantastico e
il fervore dell'immaginazione attivi nella letteratura e
nell'arte barocca, ma anche le abitudini di vita, il modo di
concepire la bellezza fisica, il paesaggio e ogni aspetto,
insomma, del mondo. Il fatto è che è mutato radicalmente il
senso dello spazio: il sistema eliocentrico di Copernico,
togliendo alla terra e all'uomo il privilegio e la sicurezza
di essere centro dell'universo, ha suscitato la visione
dell'infinità dell'universo, determinando una profonda
inquietudine e un estremo turbamento, che architettura,
pittura, poesia, musica esprimono come abbandono degli
antichi schemi compositivi e ricerca inesausta di nuove,
libere forme. Proprio la musica, per il critico, rappresenta
il culmine dell'esperienza barocca, perché più efficacemente
rende il senso dell'infinito; e alla musica, infatti,
tendono anche tutte le altre arti.
E' certo che il mondo ebbe per gli uomini del Barocco un
volto radicalmente diverso da quello che ebbe per gli uomini
del Rinascimento: un gusto della linea, un sentimento del
paesaggio, un ideale fisico dell'uomo, un piacere delle
vesti, un ordine di abitudini e di costumi tanto disformi da
apparire addirittura opposti. Sarebbe stato possibile nel
Rinascimento un amore così sontuoso dei giardini, uri
inganno cosí dolce di fontane che son quasi paesaggi (le
«fontane» del Bartoli!), un dirompersi delle forme in una
così grande libertà d'istintiva fantasia, e l'idea di uomo
di natura (Graciàn) deluso della civiltà, e l'amore per le
culture «barbare»? Qualche cosa di triste, di sconvolto, di
immenso, qualche cosa di immediato, di libero, e fin
licenzioso, è entrato nello spirito degli uomini, nelle
forme degli oggetti, nelle figure dell'immaginazione. Solo
col Vico, fattane l'esperienza, si comincerà ad uscire da
questa condizione.
Molte sono le ragioni di tale sconvolgimento, di tale
squilibrio: e se io dovessi fare uno studio sull'essenza
reale delle forme storiche del barocco, vorrei cominciare
con una ipotesi di ricerca: provare se e quanto, tra gli
altri diversi fermenti, non abbia agito, per avventura, in
questo mutarsi, la nuova dottrina e immagine dell'universo,
che la nuova scienza e la nuova filosofia, con inquietissimo
sentimento, andarono elaborando: quell'abbacinante
sentimento della natura, come infinità, che toglie l'uomo
dalla sua condizione di centro del mondo, di centro di un
mondo che è fatto e scopo per lui, e presto lo vien
degradando.
È forse per il diffondersi e quasi per il latente lievitare
di questo senso, che turba ed inquieta, di questo senso
dell'infinito che si spiegano tante ragioni delle nuove
forme: dall'architettura, colla sua estetica
dell'«illimitato», e dalla pittura, colla sua rinuncia alla
sezione aurea e all'ordine armonico del quadro, con quel suo
esplodere e dirompersi in forme liberissime e come scentrate
(la composizione non ha più un definito centro di struttura)
alla poesia, con quel suo sentire non più diretto e veloce,
ma come metaforico, polivalente e musicale della parola. Ma
soprattutto alla musica nuova: a quella musica di cui dice
Nietzsche: «La musica fu il Contro-Rinascimento nel campo
dell'arte; ad essa appartiene la più tarda pittura dei
Carracci e dei Caravaggi, ad essa forse anche lo stile
barocco, più in ogni caso che l'architettura del
Rinascimento e dell'antichità. Ed ancor oggi si potrebbe
domandare: se la nostra musica moderna potesse muovere le
pietre, le ricomporrebbe in un'architettura antica? Ne
dubito».
Secondo questa ipotesi e in questa direzione, il tempo del
Barocco sarebbe quel tempo in cui l'arte - tutte le arti -
per la prima volta aspirano alla condizione infinita della
musica. |