IL SIGNIFICATO
DELLA SOCIETA' BAROCCA
Distrutto
l'equilibrio rinascimentale, una profonda crisi spirituale
caratterizza la civiltà barocca, che si volge a una nuova
ricerca del mondo fisico, attraverso gli strumenti della
scienza, e di Dio, attraverso le esperienze della Riforma e
del cattolicesimo post-tridentino. L'età barocca non giunge
a una nuova visione organica dell'universo, anzi il suo
carattere precipuo è proprio la coscienza dell'instabilità
delle cose, che mutano continuamente di aspetto, di
apparenza, si trasformano, rivelano sempre diversi segreti.
L'unico modo con cui l'uomo barocco cerca di opporsi a
questa multiforme instabilità del mondo è il tentativo di
costringerlo entro una sempre più precisa perizia tecnica
nell'espressione letteraria e nella ricerca scientifica.
Pertanto, se certi aspetti della cultura barocca possono
apparire fuori di ogni norma e innaturali, tuttavia bisogna
ricordare che rispondono a questo senso delle cose, né
bisogna dimenticare che la metafora rappresenta la forma
tipica della letteratura del seicento proprio perché traduce
adeguatamente la mutevolezza e il trasformarsi del mondo. Se
mancò all'Italia un grande poeta specificamente barocco,
tuttavia appartiene alla cultura italiana il Tasso, che
costituì il punto di riferimento a cui tutte le grandi
letterature europee del secolo guardarono come al poeta che
per primo aveva manifestato i segni del mondo in crisi.
La civiltà barocca, se nella sua più vistosa apparenza si
offre essenzialmente come una civiltà stilistica, risulta
tuttavia, nelle sue molteplici dimensioni, una totale
interpretazione della vita e, nelle sue più intime ragioni,
come una disposizione spirituale che sembra impegnare un
contegno squisitamente religioso e filosofico. È una
religione e una filosofia di crisi quella che sta alla base
di questa cultura, in cui si scompone la sintesi
rinascimentale e lascia ormai insoddisfatti l'ottimistica
visione dell'uomo e della natura, l'armoniosa concezione del
rapporto dello spirito e del mondo. Mentre il mondo dilata i
suoi confini geografici ed astronomici e la natura modifica
i suoi principi biologici e meccanici, mentre ritorna ad
essere una presenza preoccupante Dio, o severamente
custodito nella complicata analogia dei sistemi teologici
dell'ortodossia cattolica e protestante o ineffabilmente
allontanato negli abissi delle grandi e complesse esperienze
mistiche, l'uomo lotta per il possesso di questo mondo e di
questo Dio raffinando la sua filologia, suscitando e
perfezionando una tecnica per ogni settore del sapere, senza
che, al di là dell'impossibile equilibrio rinascimentale
incentrato nell'uomo, sia concesso ritornare alla facile
soluzione medievale. Se la civiltà del medioevo aveva nella
sua sicura volontà di reductio ad unum, una sua direzione
ben determinata in Dio trascendente, e se la cultura del
rinascimento aveva nel principio dell'uomo autonomo, libero
e creatore, il motivo centrale in cui trovano unità e
spiegazione i suoi vari temi e atteggiamenti, la civiltà
barocca al contrario non ha una sua fede e una sua certezza.
La sua unica fede è forse quella nella validità di una
tecnica sempre più perfezionata. La sua unica certezza è
nella coscienza dell'incertezza di tutte le cose,
dell'instabilità del reale, delle ingannevoli parvenze,
della relatività dei rapporti fra le cose. Una disposizione
essenziale, questa, che non si risolve necessariamente in
una condizione drammatica di inquietudine e di tormento
secondo ha suggerito qualcuno troppo polemicamente
desideroso di trasformare in un crisma di serietà il marchio
di infamia che gravava su questa età. Nei documenti e nelle
testimonianze del secolo se anche non manca questo esito
dolente si possono tuttavia trovare risultati assai diversi,
che vanno da un atteggiamento di stupore e di gioco
sull'illusione delle parvenze ad un impegno assiduo di
fissare le cose in schemi e leggi. Varietà di risultati di
atteggiamenti interiori a cui si accompagna una diversa
possibilità espressiva. Così, per fare un solo esempio, la
meraviglia potrà, secondo i casi, restare una semplice
intenzione, un proposito vano dello scrittore, un esercizio
artificioso di regia letteraria, e saprà essere uno stato
d'animo sofferto, capace di tradursi in lirica emozione.
Anche per questo non è concesso pronunziare un giudizio
assoluto di decadenza indiscriminatamente esteso a tutta la
civiltà del seicento, pur riconoscendo che quella condizione
di assenza di fede in un valore spirituale e di incertezza
nella conoscenza della realtà rappresenti tendenzialmente
uno stato di decadenza. Così l'uso metaforico, che ha
costituito il punto più clamorosamente vulnerabile della
polemica sul seicento, non può essere in assoluto
condannato, in quanto può avere una sua intima
giustificazione come riflesso di quella instabilità del
reale che si accampa al centro della visione del mondo
barocca, la quale interverrà o meno di volta in volta a dare
un senso e un valore a quell'uso. La metafora, in effetti,
nell'impiego che ne fecero i barocchi non sembra potersi
ridurre ad un mero ed estrinseco fatto retorico, essa invece
pare piuttosto rispondere alla necessità espressiva di un
modo di sentire e di manifestare le cose, come elemento di
un gioco complesso di allusioni e di illusioni, come ideale
possibilità di traduzione di ogni termine del conoscibile,
in una visione della realtà in cui le cose sembrano perdere
la loro statica e ben definita natura per essere rapite in
una universale traslazione che scambia profili e
significati. La metafora, prima che un fatto retorico,
sembra nell'età barocca una visione della vita, sicché per
questa civiltà si potrebbe addirittura parlare di un
«metaforismo» e di un «metamorfismo» universali come di
essenziali modi di avvertire e di esprimere la realtà. Del
resto i diversi temi su cui via via la critica ha insistito,
elevandoli a motivi centrali e definitivi del seicento,
trovano alla luce della proposta da noi avanzata una
possibilità di inveramento e di reciproca conciliazione. Che
cosa era infatti l'affermazione della superiorità dei
moderni, che alimenta la famosa querelle del paragone fra
gli antichi e i moderni, se non la coscienza di una nozione
nuova del reale, non più avvertito nelle semplici dimensioni
proprie del passato, la consapevolezza insomma di una più
travagliata visione di Dio e del mondo, di una più valida
tecnica per possederli? E la ricerca di novità, talora
esasperata che altro era se non insoddisfazione del passato,
della tradizionale limitata immagine della realtà, desiderio
di adeguare pensiero e arte, verità ed espressione al
sentimento nuovo del mondo? E che altro la meraviglia, se
non la traduzione in termini psicologici del rivelarsi di un
profilo sconosciuto e insospettato dell'essere infinitamente
vario mutevole e nuovo? Così la musica, a cui si è voluto
recentemente dare rilievo come alla intuizione centrale del
barocco, era in effetti la forma d'arte essenziale, a cui
anche le altre arti sembrano tendere come alla loro ideale
condizione, per inseguire e cogliere quella certezza della
instabilità delle forme che si pone al centro della visione
della vita propria del barocco, quell'infinito, se si vuole,
che è stato indicato come la dimensione nuova di questa
cultura. E l'aristotelismo, a cui si richiama la
precettistica retorica, altro non voleva essere che la
giustificazione e il fondamento di una tecnica espressiva
più rigorosa e perfetta, capace di giungere à fissare e a
dire una realtà rivelatasi più complessa e sfuggente. Allo
stesso modo che la sensuale presenza delle cose, e il fasto
in cui se ne esalta la vita, si rivela come una volontà di
possedere e godere queste cose soggette a non durare; e il
diffuso gusto pastorale appare come un bisogno di evasione e
di oblio, e sia pure illusorio, verso forme più semplici e
resistenti. Certo, bisogna aggiungere, l'Italia non ha
incarnato questa nuova visione del mondo, almeno in sede
letteraria, in una grande personalità come quelle che
possono offrire altre letterature d'Europa, altre grandi
letterature che si contrappongono alla letteratura italiana
che non sembra, considerata nel suo insieme, meritare quel
titolo di grandezza. Vero è che all'Italia appartiene il
Tasso, il poeta che per tanti aspetti anticipa il barocco, e
che anzi, sul terreno comune del petrarchismo europeo che
egli profondamente rinnova con una capacità di intendere e
assorbire la lezione dell'altissimo modello assolutamente
originale, costituirà il più vero punto d'incontro delle
varie letterature sotto il segno del fondamentale gusto
barocco: un incontro favorito altresì dal clima glorioso in
cui si irradiava nelle letterature straniere quella colma
perfezione rinascimentale tassiana, nella quale per altro
riaffioravano con moribondi riflessi di decadenza taluni
motivi gotici ancora operanti nella cultura d'Europa.
Cotesto punto d'incontro non va dunque cercato nel Marino,
al quale generalmente si è guardato come al responsabile più
diretto del nuovo gusto europeo, malgrado le contraddizioni
in cui portano le date e i dati della storia; esso si trova
invece nel Tasso, la cui importanza culturale in effetti può
essere solo confrontata, per la sua capacità di sviluppo,
con -quella del Petrarca. Con il Tasso per la prima volta,
in una grande personalità poetica, si avverte il modificarsi
di quel clima proprio del rinascimento in cui era cessata
ogni tensione trascendentale per il prevalere di una visione
della vita fatta di armonia e di equilibrio, di fiducia
nell'uomo e nella natura. In questa poesia si sente che si è
ormai spezzato l'equilibrio umanistico rinascimentale senza
che sia più ritrovato lo slancio dinamico trascendentale
gotico, la medievale semplice certezza di Dio al vertice del
mondo, sicché ne deriva un sentimento turbato di tutto il
reale, una ricerca di Dio inquieta e smarrita, una nozione
del mondo e dell'uomo sconvolta e complessa, remota
dall'elementare precisione del mondo medievale. Con
l'esperienza umano-stilistica tassiana sul declinante mondo
rinascimentale passa un'inquietudine sconosciuta, uno
smarrimento anelante ad un diverso equilibrio che solo la
sintesi illuministica, al di là della ingannevole proposta
di evasione dell'Arcadia, cercherà di risolvere in una
visione nuova di lucida chiarezza. |