IL VICO
"SCOPRITORE" DELL'ESTETICA
In questa
nota pagina, il Croce riconosce al Vico il merito di aver
colto gli aspetti essenziali della creazione poetica e di
aver quindi posto i fondamenti dell'Estetica. Il Vico mentre
supera concezioni improprie e inadeguate dell'arte trasmesse
dalla tarda antichità sino ai suoi tempi, intuisce il
carattere alogico e fantastico della poesia che egli
definisce come « prima operazione della mente umana » che
precede il momento della riflessione filosofica.
L'Estetica è da considerare veramente una scoperta del Vico:
sia pure con le riserve onde s'intendono sempre circondate
tutte le determinazioni di scoperte e di scopritori, e
quantunque egli non la trattasse in un libro speciale, né le
desse il nome fortunato col quale doveva battezzarla,
qualche decennio più tardi, il Baumgarten. Del resto, giova
notare che nella terminologia della Scienza nuova s'incontra
un nome simile ad alcuno degli equivalenti che il Baumgarten
passava in rassegna per l'Estetica: quello di Logica
poetica. Ma, in fondo, il nome importa poco, e assai importa
la cosa; e la cosa è che il Vico espone una idea della
poesia, che era a quei tempi, e doveva rimanere per un pezzo
ancora, un'ardita e rivoluzionaria novità. Persisteva allora
la vecchia idea praticistica o pedagogica, che dalla tarda
antichità, attraverso il Medioevo, si era trapiantata e
radicata nel Rinascimento, della poesia come ingegnoso
rivestimento popolare di sublimi concetti filosofici e
teologici; e, accanto a questa, sebbene in grado minore,
l'altra che la considerava come prodotto o strumento di
svago e di voluttà. Queste concezioni avevano alterato
perfino il senso originale del trattato aristotelico della
Poetica, nel quale venivano introdotte e poi lette come se
effettivamente Aristotele le avesse pensate e scritte. Né il
cartesianismo le rettificò, ma piuttosto (com'era da
aspettare, data la sua generale tendenza) attenuò e annullò
l'oggetto medesimo di quelle definizioni, come cosa di
nessuno o di trascurabile valore. In un tempo in cui si
cercava di-ridurre a forma matematica la metafisica e
l'etica, in cui si dispregiava l'intuizione del concreto, si
escogitavano una letteratura e una poesia atte a diffondere
la scienza nel volgo o nel bel mondo, s'iniziavano tentativi
per foggiare lingue artificiali logiche più perfette di
quelle storiche e viventi, e perfino si teneva possibile di
stabilire regole per comporre arie musicali senza essere
musicisti e poemi senza essere poeti; - in codesto ambiente
distratto, gelido, nemico, beffardo, solo un miracolo sembra
potesse risvegliare una diversa e opposta coscienza, una
coscienza calda e veemente di quel che sia veramente la
poesia e della sua originale funzione; e questo miracolo fu
compiuto dallo spirito tormentato, agitato e scrutatore di
Giambattista Vico.
Il quale criticò tutt'insieme le dottrine della poesia, come
esortatrice e mediatrice di verità intellettuali, come cosa
di mero diletto, e come esercitazione ingegnosa di cui si
possa senza danno far di meno. La poesia non è sapienza
riposta, non presuppone la logica intellettuale, non
contiene filosofemi: i filosofi, che ritrovano queste cose-
nella poesia, ve le hanno ficcato dentro essi stessi, senza
avvedersene. La poesia non è nata per capriccio di piacere,
ma per necessità di natura. La poesia tanto poco è superflua
ed eliminabile che, senza di essa, non sorge il pensiero: è
la prima operazione della mente umana. L'uomo, prima di
essere in grado di formare universali, forma fantasmi; prima
di riflettere con mente pura, avverte con animo perturbato e
commosso; prima di articolare, canta; prima di parlare in
prosa, parla in versi; prima di adoperare termini tecnici,
metaforeggia, e il suo parlare per metafore è tanto proprio
quanto quello che si dice « proprio ». La poesia, non che
essere una maniera di divulgare la metafisica, è distinta e
opposta alla metafisica: l'una purga la mente dai sensi,
l'altra ve la immerge e rovescia dentro; l'una è tanto più
perfetta quanto più s'innalza agli universali, l'altra
quanto più si appropria ai particolari; l'una infievolisce
la fantasia, l'altra la richiede robusta; quella ci
ammonisce di non fare dello spirito corpo, questa si diletta
di dare corpo allo spirito; le sentenze poetiche sono
composte di sensi e passioni, quelle filosofiche di
riflessioni, che, usate nella poesia, la rendono falsa e
fredda: non mai, in tutta la distesa dei tempi, uno stesso
uomo fu insieme grande metafisico e grande poeta. Poeti e
filosofi possono dirsi gli uni il senso, gli altri
l'intelletto dell'umanità; e in tale significato è da
ritenere vero il detto delle scuole che < niente è
nell'intelletto che prima non sia nel senso ». Senza il
senso, non si dà intelletto; senza poesia, non si dà
filosofia né civiltà alcuna. |