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UGO FOSCOLO
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LA COMPILAZIONE DEI SEPOLCRI
Tra il marzo e il maggio 1806,
tornando dalla Francia in Italia
(con una sosta a Parigi dove
fece visita ad Alessandro
Manzoni e Giulia Beccaria),
Foscolo prima di stabilirsi a
Milano trascorse un breve
periodo a Venezia per
incontrarvi la madre e gli
amici, tra cui il poeta Ippolito
Pindemonte e la sua prima
protettrice, Isabella Teotochi
Albrizzi. Dalle discussioni che
si svolgevano in questo ambiente
sulle nuove leggi funerarie
francesi (il decreto di Saint
Cloud, del 1804, che proibiva le
sepolture nei centri abitati e
regolamentava l'uso delle
epigrafi) e sulla loro imminente
estensione all'Italia (che
avvenne nel settembre 1806) egli
fu sollecitato a comporre Dei
sepolcri, un'epistola - o carme
- in 295 endecasillabi sciolti
indirizzata a Pindemonte (il
quale a sua volta stava
componendo in ottave un poema,
poi interrotto, che avrebbe
dovuto intitolarsi I cimiteri).
Il carme, probabilmente
terminato già nell'autunno 1806,
uscì a Brescia presso l'editore
Bettoni nell'aprile 1807.
La somma di esperienze, di
motivi poetici, di scelte
ideologiche che confluiscono in
questo componimento foscoliano è
densissima. Semplificando,
cerchiamo per ora di
distinguerne le componenti di
fondo.
- Sul piano letterario, sia
tematico sia stilistico, Foscolo
si ricollega da un lato al
filone settecentesco dei poeti
di gusto "sepolcrale",
soprattutto inglesi, tra cui ha
particolare peso Thomas Gray,
autore della Elegia scritta in
un cimitero campestre, che era
stata tradotta da Melchiorre
Cesarotti; d'altro lato,
all'indirizzo e alla
sperimentazione, anche metrica,
dei classicisti italiani:
Parini, Alfieri, soprattutto
Monti. Tuttavia egli tende (come
vedremo più avanti dalle sue
dichiarazioni) a risalire
ambiziosamente alle origini
stesse della tradizione poetica
occidentale, riproducendo alcuni
modi di Pindaro e della poesia
omerica, di cui tentava negli
stessi anni la traduzione.
- Sul piano concettuale, Foscolo
esprime nei Sepolcri più
compiutamente e conclusivamente
una concezione materialistica
che già era emersa nell'Ortis e
negli ultimi sonetti (Alla sera,
T82). L'esistenza degli uomini è
vista come parte di un ordine
naturale che si fonda sulla
trasformazione della materia,
senza finalismo: non c'è una
trascendenza al di là della
natura; la natura è mutamento
continuo delle cose (ciascuna
delle quali vive e muore nel
tempo) e, insieme, appare
statica poiché le cose si
riproducono e si avvicendano
ripetitivamente. Accanto a
questa visione dell'universo
fisico, su cui agisce
l'influenza antica di Lucrezio,
c'è invece una visione della
storia suggerita da Vico: la
storia, di cui gli uomini sono i
soggetti attivi, procede secondo
un'evoluzione che li porta dalla
ferinità originaria
all'elaborazione di
comportamenti e valori
culturali. Ma questa stessa
umana storia è inserita
nell'ordine naturale, sia perché
intere civiltà possono
scomparire distrutte dal passare
del tempo, sia perché forse può
avere fine il genere umano. Fra
questi due elementi del suo
pensiero - la fissità
onnipotente della natura che
crea e distrugge e il valore
delle azioni umane che si
concretano, sempre
provvisoriamente, nel corso
storico Foscolo avverte una
opposizione. Ma il suo impegno
concettuale nel carme non è
certo rivolto alla fondazione di
un nuovo e coerente sistema
filosofico, quanto piuttosto
alla ricerca di una « moralità
», che abbia il suo presupposto
nell'accettazione non passiva
della morte: per Foscolo si
tratta infatti di vedere su
quali nuove basi sia possibile
che gli individui e i popoli,
pur essendo sottoposti alla
legge del naturale decadimento e
della scomparsa, diano un senso
alla loro esistenza e siano
motivati ad agire positivamente.
- Sul piano politico, Foscolo
assume una posizione
antinapoleonica e antifrancese:
in quest'ottica celebra le
figure prerivoluzionarie di
Parini e di Alfieri (qui
presentati come maestri di
italianità) e attribuisce una
funzione esemplare per i tempi
moderni alla civiltà inglese
(pur essendo consapevole - come
si ricava da altri testi - delle
sue tendenze imperialistiche).
Inoltre il carme non esprime
posizioni isolate e personali,
ma si richiama a una tematica
che era stata dibattuta in
Francia tra il 1794 e il 1804 da
una abbondante pubblicistica.
L'esigenza di premiare mediante
i monumenti funebri la grandezza
conseguita in vita e di
riconoscere anche in questa
forma le differenze di merito
era stata avanzata per lo più da
ambienti di orientamento
controrivoluzionario e
conservatore, ma aveva accolto
anche motivi civili ispirati al
culto giacobino delle virtù
pubbliche. L'esaltazione dei «
sepolcri » si inserisce comunque
in un contesto di atteggiamenti
mentali ormai contrari
all'egualitarismo e inclini
piuttosto a rivalutare
l'importanza dell'emulazione,
degli esempi, della tradizione,
dei riti.
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