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GIACOMO LEOPARDI
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FILIPPO OTTONIERI
Forse, uno dei più sofferti e
insistenti progetti di Giacomo
Leopardi fu quello di comporre
la propria autobiografia:
un'autobiografia, si vuol dire
esplicita con stretta fedeltà di
cronaca e di precisi riferimenti
a stati d'animo, esaminati e
trascritti nella loro umana
autenticità.
Fu un progetto, in certo modo,
inattuato; realtà e
immaginazione, spesso
ingrandendo in polemica e in
vago dilettamento, furono nel
poeta due forzo reciprocamente
attraentesi e costantemente
presenti a limitare le energie
per una confessione liberatrice
o, magari, compiaciuta.
La vera autobiografia del
Leopardi, insomma, non poteva
diversamente essere composta che
dagli elementi della sua opera
di lirico; sia nelle effusioni
del sentimento - Silvia,
Nerina... -, sia negli scatti
dell'umor polemico, e sia, ma
con notevoli riserve di ordine
psicologico, in quelle
situazioni a mezzo fra polemica
e sentimento che furono le sue
famose dichiarazioni di
pessimismo.
Al di fuori di tutto questo,
ogni tentativo di " vita scritta
da esso " si arrestò dopo
l'abbozzo di poche pagine, a
volte di pochi periodi
addirittura: Storia di un'anima
scritta da Giulio Rivalta
pubblicato dal C. G. L., Vita
abbozzata di Silvio Sarno . (C'è
da sospettare che tutta
l'ispirazione si esaurisse nello
sforzo di inventare lo
pseudonimo). Ci siamo dilungati
in questa premessa per dire,
ora, che il personaggio di
Filippo Ottonieri rappresentò
l'eccezione.
Né accadde senza ragione. A
differenza degli aborti Giulio
Rivalta e Silvio Sarno, questa
figura nacque in uno schema già
saldo, e in una stagione di
impegno costante.
La troviamo, infatti, in una
delle Operette morali: " Detti
memorabili di Filippo Ottonieri.
.". La fantasia dello scrittore
era disciplinata in un progetto
unitario e l'ideale
autobiografico, nel senso
effusivo e intemperante che gli
spiriti romantici cominciavano
(si era nel 1824) a far
dilagare, era assai lontano
dalla sua mente; ne, venne,
così, tra quelle Operette di
intenti filosofici, un
autoritratto quale non poteva
essere diverso: tutto
intellettuale, che nulla
concedeva alle ragioni del
cuore.
Inutile, quindi, cercare un
lineamento plastico, per
rappresentarci visivamente il
personaggio - l'autore accenna
solo e di passaggio, a una "
fornita ingrata e ridicola " -:
ma chi lo voglia può senza
troppo arbitrio attribuirgli le
fattezze gracili e un po' tetre
del Leopardi stesso.
Quelle fattezze che tutti si
sono compiaciuti di ricavare
dalla sua storia più sconsolata.
Per altro, il testo non è che
una serie di aforismi, solo sul
principio interrotti da qualche
spunto di cronaca. " Non si ha
memoria di alcuno che fosso
ingiuriato da lui, né con fatti
né con parole ". "Fu odiato
perché parve e prendere poco
piacere di molte cose che
sogliono essere amate e cercate
assai dalla maggior parte degli
uomini ". Sono accenni a realtà
familiari e recanatesi che tutti
sanno. Ben poco, quindi, per
costruire, o ricostruire, un "
tipo ".
Filippo Ottonieri è una
controfigura del proprio
inventore: e la sua singolarità
consiste proprio nella
stilizzazione con la quale ci si
presenta.
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Ferdinando
Giannesi | |
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