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GIACOMO LEOPARDI
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I PARALIPOMENI DELLA
BATRACOMIOMACHIA
I Paralipomeni della
Batracomiomachia vennero
composti tra il 1831 e l'anno
della morte del poeta e vennero
pubblicati nella citata edizione
postuma delle opere. Si tratta
di un poemetto satirìco in
ottave suddiviso in 8 canti, che
- come dice il titolo - si
propone di costituire una
continuazione ("paralipomeni")
della Batracomiomachia (ovvero
Battaglia delle rane e dei topi)
attribuita ad Omero. Il Leopardi
aveva tradotto per tre volte
quest'operetta pseudo-omerica
(l'ultima traduzione è del
1826). La struttura narrativa
del poemetto è la seguente: i
topi, che nella Batracomiomachia
erano stati sconfittì
dall'intervento dei granchi,
alleati delle rane, sì
riuniscono ed eleggono come
proprio capo provvisorio
Rubatocchi (canto I). Al conte
Leccafondi, ambasciatore dei
topi presso il nemico,
Brancaforte, il comandante dei
granchi, rende note le
condizioni di pace: eleggere un
re legittimista e accettare un
presidio militare di granchi
(canto Il). Rubatocchi,
rientrato a Topaia, capitale del
regno, rinuncia al potere e
favorisce l'elezione dì un
governo costituzionale che ha
come capo Rodipane (canto III).
Il conte Leccafondi, nobile
progressista, è nominato
consigliere del re. Ma i granchi
si oppongono alla creazione di
un governo costituzionale a
Topaia (canto IV). l granchi
impongono a Rodipane di
rifiutare la costituzione. Al
suo rifiuto si riaprono le
ostilità: ma l'esercito dei
topi, appena vede il nemico
fugge a precipizio; solo
Rubatocchi lo fronteggia e muore
da valoroso (canto V). I granchi
aboliscono la costituzione e
instaurano a Topaia un governo
poliziesco sotto il loro diretto
controllo. Fioriscono allora fra
ì topi sette di congiurati che
però si limitano a parlare
vanamente di indipendenza e di
libertà, senza l'intenzione di
passare veramente all'azione.
Leccafondi viene inviato in
esilio. In una delle sue
peregrinazioni conosce Dèdalo,
che gli si offre come alleato
(canto VI). Dèdalo e Leccafondi,
munitisi di un paio di ali,
volano al regno delI'Oltretornba
dei topi, dove dovranno essere
messi a conoscenza delle sorti
future dei topi (canto VII). Il
conte Leccafondi, giunto nel
regno dei morti, narra le ultime
vicende del suo popolo ai topi
defunti e domanda loro se egli
con i suoi fedeli potrà liberare
la patria dalla dominazione dei
granchi: la risposta è una sorta
di risata. Egli chiede allora
come è possibile riuscire
nell'intento. In risposta i
defunti lo invitano a rivolgersi
per consiglio al generale
Assaggiatore. Leccafondi rientra
in patria, ma il narratore
afferma di non sapere quale
risposta ebbe Leccafondi da
Assaggiatore perché a questo
punto sì interrompe l'antico
manoscritto che egli ha fin qui
seguito (canto VIII).
La vicenda fantastica dei topi e
dei granchi e delle disavventure
del regno di Topaia ha come
principale riferimento storico
la situazione italiana di primo
Ottocento, tra restaurazione,
tentativi insurrezionali e
costituzionali (i moti del
1820-21 e del 1831), e dibattiti
politici. I granchi sono gli
austriaci, i topi gli italiani,
Leccafondi rappresenta il
liberalismo moderato, le
congiure dei topi la carboneria
e via dicendo (non ci sono però
riferimenti diretti a persone
specifiche). L'interpretazione
del poemetto è complessa, ma
globalmente si può dire che i
principali obiettivi polemici
del Leopardi sul piano politico
e ideologico sono:
l'oscurantismo dei reazionari
(per cui vi sono toni di
autentico sdegno); i tentativi
insurrezionali (ad esempio perla
sfiducia nelle attese di un
intervento straniero); il
costituzionalismo (giudicato
altrove come «un male
indispensabile per rimediare o
impedire un maggior male» ma pur
sempre, come scrive il Boldrini,
«un'istituzione innaturale»); il
liberalismo moderato incarnato
da Leccafondi (specie per
«quella forma mentis
ottimistica, fideistica,
mitizzante che ostacola una
chiara presa di coscienza della
dura realtà politica e della
tragica situazione esistenziale
dell'uomo» (Boldrinil che
rimproverava ai liberali toscani
del gruppo dell'«Antologia»); e
infine, soprattutto, la
filosofia spiritualistica
accolta dai circoli liberali
toscani e napoletani con cui era
venuto a contatto.
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