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GIACOMO LEOPARDI
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GLI STUDI SUL LEOPARDI
Quasi
tutti i contemporanei, specie i
cattolici, furono ostili al
Leopardi a causa del suo estremo
pessimismo. Non poterono,
tuttavia, fare a meno di
elogiarne lo stile. La verità è
che nessuno riuscì a penetrare a
fondo nell'animo del Poeta.
Fu Francesco De Sanctis il primo
grande ammiratore del Leopardi,
colui che gettò le basi per una
lettura seria e approfondita del
grande recanatese. Anche nel
Leopardi, come già nel Foscolo,
c'è contrasto fra l’intelletto
che nega ogni valore alla vita
umana ed il sentimento che
afferma tenacemente un grande
desiderio non solo di vita, ma
di eterno. Il De Sanctis, con
un'analisi minuta dei “Canti”,
mette in luce la grandezza
poetica del Leopardi,
soprattutto quella raggiunta
negli idilli che cantano
“l’impressione immediata e nuova
prodotta dalla contemplazione
della natura su anime solitarie
e malinconiche”. Egli fu però
assai severo nei confronti delle
“Operette Morali” che non
considerò assolutamente opera di
poesia: «nella prosa
l'intelletto regna solo,
cacciate dall’anima tutte le
illusioni, e afferma la sua
vittoria con un cotal risolino a
spese del volgo, ch'esso incalza
e deride dall'alto della sua
superiorità»; nelle “Operette”
mancherebbe «l'interesse che
viene da una sincera e calda
partecipazione personale, e
l’interesse che viene dalla
calma e dalla serenità dello
spirito».
I critici successivi prenderanno
tutti l’avvio dalle tesi del De
Sanctis, che approfondiranno in
vario modo e con vari risultati,
sempre però ribadendo l’alto
valore della poesia dei “Canti”
ed in più cercando di rendere
giustizia alle “Operette
Morali”, la cui poeticità oggi è
comunemente riconosciuta.
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