Letteratura italiana: Opere di D'Annunzio

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Parliamo di

  Le opere di Gabriele D'Annunzio
Autore critica
Eurialo
De Michelis

 


La nave
 

Tragedia in tre episodi e un prologo, in versi. L'ideologia superumana, tanto assurda nella chiarezza schematica del recente Più che l'amore, dà il tema e il tono anche a questa tragedia; che sullo sfondo eroico della fondazione di Venezia, lussuosa e magnifica città per il poeta del Fuoco, mette in scena un Superuomo, Marco Gràtico, contro una Superfemmina, Basiliola Faledra, quest'ultima come Pantea del Sogno d'un tramonto d'autunno, come la Comnèna della Gloria. Assetata di vendetta per il padre e quattro fratelli che Marco le accecò, Basiliola dispone soltanto delle sue armi di donna, e in tutti i modi eccita il suo potere lussurioso per avvincere a sé l'uomo odiato; finché, diventata sacrilega amante anche del fratello di Marco, il vescovo Sergio, li aizza a feroce battaglia in cui Sergio soccombe. Liberatosi così dell'incanto mortale, Marco parte alfine per conquistare la sognata gloria sul mare; mentre la donna si sottrae a più umiliante castigo uccidendosi, come Mila della Figlia di Jorio, sulla simbolica fiamma. Tutti i peggiori difetti del D'Annunzio sono adunati nei canori endecasillabi di questa tragedia, sommersi in un'onda periodica ancora più abbondevole, che predomina sul ritmo endecasillabo fino al punto che l'ultima parola di singoli versi è talvolta troncata in esplicita funzione del periodo sintattico risultante da molti versi insieme; con una vacua magniloquenza che inventa apposta e immagina occasioni di esercitarsi nei discorsi di Marco, di Basiliola e di altri al popolo, vera e propria oratoria. Tale magniloquenza si esercita altresì sulle invenzioni, sulle immagini; specie sul tema della Superfemmina, in continue amplificazioni paragonata a Bibli, a Mirra, a Pasife, a Dàlila, a Iezabèl e Hogla, alla dea dei misteri orgiastici, Diona. Il tema della crudele voluttà, che le è innato, a forza di gonfiare l'immaginazione crudele, dà luogo infine alla scena quasi ridevole quando i prigionieri della Fossa Fuia, tutti pazzi di lei, implorano di essere da lei, per suprema voluttà, uccisi: e Basiliola si esalta orrendamente nell'eseguire il comando. In questa scena soprattutto, il senso di essere dinanzi a sentimenti di cartapesta fa pensare alla gonfiezza floreale del melodramma; opera che è davvero il trionfo del cattivo gusto. Migliori accenti ha la debolezza del Superuomo Marco, messo al punto, per raggiungere la gloria, di dover liberarsi della donna di cui è schiavo. Quanto alla parte eroica della tragedia, la missione navale di Marco, "Arma la prora e salpa verso il Mondo", e così l'ode premessa al volume, con l'altro verso non meno sonante e famoso, "Fa di tutti gli Ocèani il Mare Nostro!". Anche del generico incitamento imperialistico e marinaro può dirsi, come dell'incitamento africano del Più che l'amore, che la scarsa sua concretezza come parola poetica non gli toglie di nascere da un sentimento, nel poeta, vero e sentito; e poiché si trattava di eccitare la coscienza navale del Paese, può comprovarlo il ricordo dei lontani articoli marinari dell'Armata d'Italia, e delle Odi navali.

Dal dramma dannunziano Italo Montemezzi (1875-1952) trasse un'opera musicale in tre atti: La Nave, rappresentata a Milano nel 1918
 

 

Luigi De Bellis