Letteratura italiana: Opere di D'Annunzio

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Parliamo di

  I personaggi delle opere di Gabriele D'Annunzio
Autore critica
Eurialo
De Michelis

 


Andrea Sperelli
 

Protagonista del romanzo Il piacere di Gabriele D'Annunzio. Come il romanzo è il primo tentativo compiuto dal D'Annunzio di proiettare nella forma narrativa la propria lirica musa così Aridrea Sperelli d'Ugenta (più precisamente il conte Andrea Sperelli Fleschi d'Ugenta) è il primo suo "alter ego" nell'arte, e il più significativo, rimasto poi proverbiale. Si tratta di un poeta (e acquafortista) di raffinata sensibilità, che a forza di estetismo, sinonimo di sensuale egoismo, giunge a una completa aridità morale, accresciuta dalla lucida ma impotente coscienza del proprio stato. Soffrendo di una sola cosa, la passione lussuriosa per un'amante che a un certo punto gli si nega (Elena Muti), egli cerca invano di dimenticarla in frivole avventure d'amore; e nemmeno ci riesce quando diviene l'amante riamato di una creatura nobilmente spirituale (Maria Ferres), anzi l'antica passione gli si esaspera per certa somiglianza esistente fra le due donne. Talché sulla seconda donna egli arriva coscientemente a sfogare la libidine che ancor gli desta la prima. La fisionomia morale del personaggio ripete vari personaggi romantici, Ottavio delle Confessioni di un figlio del secolo del Musset, Federico Moreau dell'Educazione sentintale del Flaubert; però con una più ragionata denunzia del suo indifferentismo morale: "Egli aveva in sé qualche cosa di don Giovanni  e di Cherubino: sapeva essere l'uomo d'una notte erculea e l'amante timido, candido, quasi verginale. La ragione del suo potere stava in questo: che, nell'arte d'amare, egli non aveva ripugnanza ad alcuna finzione, ad alcuna falsità, ad alcuna menzogna. Gran parte della sua forza era nella ipocrisia". Il contenuto di codesta denunzia è un processo d'immoralità, ma il tono non è senza calcolo di giustificare la denunziata malafede con lo schietto abbandono che l'accompagna: "Ma nell'artificio quasi sempre egli metteva tutto sé; vi si obliava così che non di rado rimaneva... ferito dalle sue stesse armi, a simiglianza d'un incantatore il qual fosse preso nel cerchio stesso del suo incantesimo". Che sarebbe condizione tanto più adatta a sottilissima analisi, e certamente accresce l'interesse psicologico del personaggio; senonché nel concreto dell'opera l'autore è meno occupato ad analizzare (o a confessarsi nello schermo dell'"alter ego"), e più a creare i fili d'incantesimo nel cui oblìo compiacersi. Perciò il tono saliente del personaggio non è il processo morale, ma il narcisismo: non come oggetto di analisi, ma come compiaciuto narcisismo in atto.

 

Luigi De Bellis