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Disegni milanesi. Opera pubblicata nel 1944, apparsa poi
insieme a La Madonna dei Filosofi e Il castello di Udine
in un unico volume intitolato I sogni e la folgore nel
1955, edita nuovamente a sé nel 1963 e nel 1973. Il
"disegno" che chiude e dà il titolo al libro si incentra
sulla vivida figura di Adalgisa, ex cantante lirica di
teatri popolari che è riuscita con ammirevole tenacia a
coronare il suo sogno di un rispettabile matrimonio con il
solerte ragioniere Carlo Biandronni, entrando a far parte
di una foltissima schiera di famiglie della borghesia
milanese tra di loro variamente imparentate, sollevando le
ire e le critiche delle esponenti più anziane, gelose
custodi dei gradi sociali. Raccontando il "romanzo" della
sua vita alla cognata Elsa, giovane e bella creatura in
cui Adalgisa rivede, con un misto di invidia e di
compiacimento, se stessa giovane, la ormai vedova
Biandronni traccia un quadro della società milanese del
tempo che ha nell'amato Carlo un tipico esponente.
L'ardente passione del marito, reduce della guerra di
Libia, per tutti i minerali in genere, e per i coleotteri
e gli scarabei in particolare, non è che un riflesso di
quel positivismo che, come l'autore esemplifica in una
lunghissima e fondamentale nota, influenzò la società
milanese tra il vecchio e il nuovo secolo, in tutti gli
aspetti più superficiali. Adalgisa non risparmia critiche
alla classe borghese a cui ella stessa ormai appartiene,
cioè a quel mondo che poggia la sua artificiosa stabilità
su tradizioni e abitudini radicate, ma che può venire
sconvolto da un avvenimento banale come il fallimento
della "Confidenza", la ditta di pulizie a domicilio,
dovuto alla bancarotta di una banca "anonima". Nel brano
intitolato "Quando il Gerolamo ha smesso" è descritto
l'atteggiamento di benevola condiscendenza della padrona e
di adesione più o meno di circostanza e di dovuto rispetto
dell'inserviente, il Gerolamo appunto, che
contraddistingueva i commiati sulla porta in cui si
raggiungeva la perfetta identità di vedute e di commenti
etico-sociali delle due parti. Il nobile Gian Maria,
marito di Elsa, cerca di risolvere la crisi del fallimento
della "Confidenza" aggravato dalla disgrazia di un
trasloco, assumendo come domestica una delle ragazze del
proprio paese, la Brianza, considerate le più fidate e
debitamente raccomandate dal parroco. I coniugi si
preoccupano per la salute della ragazza ma vengono
rassicurati dal dottore: si tratta di una normalissima
gravidanza. Con questo il padrone di casa decide di
chiudere l'era delle domestiche a tempo pieno. Ritroviamo
il nobile personaggio Gian Maria nel brano "I ritagli di
tempo": costretto per affari a occuparsi di cioccolato ma
ingegnere per "elezione", egli è un tipico rappresentante
di quella borghesia "colta" che occupa il proprio tempo
libero tra la beata lettura del "Guerrin meschino" e il
tenace studio del tedesco, essendo sempre utile continuare
a studiare una lingua senza arrivare mai a impararla. Soci
della Biblioteca linguistica e spesso anche di quella
filologica gli appartenenti a questa categoria coltivano i
propri interessi letterari affollando le sale di lettura
al sabato pomeriggio, a caccia dei più sdolcinati volumi
di storia romanzata. Sempre il nobiluomo Gian Maria,
afflitto da disturbi vari oltre che dall'età, è ben lieto
di potersi esimere da un concerto a cui la moglie Elsa è
in procinto di recarsi con il nipote Valerio, di lei quasi
coetaneo. Il pubblico del concerto, descritto nel pezzo
intitolato "Un concerto di centoventi professori" (in
realtà quella sera i "prefesòr d'orkestra" si presentano
dimezzati), offre all'autore l'occasione per descrivere
"la società musogonica della città industre" che affolla
la sala, ansiosa di provare tutte le emozioni ricavabili
dalla musica; nessuno si salva dalla sarcastica penna
dello scrittore: dall'ottantina di ragazze da maritare
frequentatrici abituali del concerto alla perenne ricerca
di un marito, ai giovani elegantissimi e impomatati, a
qualche "vereconda vedova", alle "bisnonne
ottantaquattrenni, ma ancora in gamba per un'altra
quindicina", agli zii preti o ginecologi e così via, tutti
infervorati o stizziti, comunque paonazzi nei loro
commenti a fine concerto. La fitta rete di parentele
permette a G. di giocare linguisticamente con nomi e
cognomi creando quei "pasticci" onomastici che gli saranno
sempre cari. Il gioco dei nomi è presente anche in
"Quattro figlie ebbe e ciascuna regina", in cui l'interno
di casa Marpioni è animato oltre che dalle frequenti
cadute della vecchia serva e dai passi della monumentale
padrona di casa, dall'andirivieni delle quattro figlie, le
quattro Marie, che hanno felicemente preceduto l'arrivo
tanto più trionfale quanto meno sperato dell'erede
maschio, la cui attesa aveva cementato e alimentato
l'amore dei due coniugi. In tutti i "disegni" appaiono
chiari segni di temi che a questa data sono già comparsi o
compariranno in modo spesso ossessivo nell'opera di G.: è
il caso del paventato e insieme desiderato furto dei
"sardanapaleschi orecchini" da parte di mature matrone,
che si ritroverà nei romanzi Quer pasticciaccio brutto de
via Merulana e La cognizione del dolore, della descrizione
delle ragazzotte brianzole, delle impressioni sulla "svergolata
Milano" vicine al tono delle prose delle Meraviglie
d'Italia, della satira sulle donne diplomate cuoche e
allevatrici di polli alla Scuola delle Massaie, di
immagini ricorrenti quali quella del "minestrone" sinonimo
della congerie di persone e di fatti, o del "pitale" di
ferro smaltato. Al di là dei richiami frequenti che legano
i vari brani dell'Adalgisa, la vera unità del libro è
costituita dalla descrizione fortemente satirica della
società milanese. La narrazione a volte colloquiale,
manzoniana, è resa più ricca da un mezzo del tutto
personale, le note, con cui lo scrittore commenta,
precisa, spiega, divaga. Nell'Adalgisa è per la prima
volta massiccio l'uso del dialetto milanese, essenziale
alla rappresentazione di quel mondo al quale l'autore
stesso appartiene. Egli ne sorride, talvolta ne ride, più
spesso ne è irritato, ma lo comprende a fondo e senza
giustificarlo, attaccandolo nei suoi ideali più celebrati
come l'economia, la cultura, la famiglia, ne coglie le
debolezze profonde e anche i tratti patetici. Compaiono in
questo volume due "disegni", "Strane dicerie contristano i
Bertoloni" e "Navi approdano al Parapagal" che
costituiranno due capitoli del romanzo pubblicato in
volume col titolo La cognizione del dolore. Pur
partecipando del clima comune ai brani dell'Adalgisa
troviamo nel primo una tale felicità espressiva nella
descrizione delle ville e relativi parafulmini della
Brianza, e nel secondo un'amarezza e un sarcasmo così
violento contro certa parte della borghesia, che connotano
questi due pezzi rispetto agli altri "disegni",
consigliando a considerarli piuttosto nella loro prima e
ultima collocazione, cioè nel contesto del romanzo. |