Letteratura italiana: Gadda

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Parliamo di

  Letteratura italiana del Novecento opere di GADDA
Commento critico
Giuseppe Zaccaria

 


Giornale di guerra e di prigionia
 

L'autore vi ha registrato, sotto forma di diario, avvenimenti legati alla sua partecipazione alla prima guerra mondiale. La prima parte ("Giornale di guerra per l'anno 1916") è relativa ai mesi giugno-settembre e riferisce con minuta attenzione l'esperienza del giovane sottotenente che, nella logorante guerra di posizione, misura se stesso nei confronti della realtà e degli ideali che l'avevano spinto ad arruolarsi volontario. Il confronto risulta comunque deludente: la guerra sembra negargli ogni speranza di gloria, mentre la "routine" della vita militare ne acuisce le incertezze e le frustrazioni. Nasce di qui l'isolamento dello scrittore, che risulta in ultima analisi l'unico protagonista di queste pagine. Si tratta, beninteso, di un protagonista negativo, di un eroe la cui crisi è tutta nelle idiosincrasie del carattere e del comportamento. L'incapacità di adattarsi a un rapporto con gli altri, di condividerne le ragioni dell'esistenza quotidiana, determina gli sfoghi e i malumori, sia contro i soldati insofferenti dell'ordine e della disciplina, sia contro gli ufficiali inadatti al loro compito, gretti e meschini. L'oggetto dell'amore si rovescia così nel suo opposto, risolvendosi nel sarcasmo e nella violenta invettiva. La nevrosi gaddiana scopre le contraddizioni di una lacerazione viscerale i cui impulsi divisi determinano pure le reazioni verso i parenti lontani: di nostalgico affetto o di risentimento stizzoso. L'ossessione dell'ordine, un moralismo pignolo, perfezionistico e maniacale, sottolineano la frattura fra l'ideale retorico di un astratto dovere e la realtà, ponendo a nudo la miseria dell'uomo in una guerra senza eroi. E la frattura viene esacerbata dall'insicurezza di Gadda, dai suoi complessi di inferiorità, dai sensi di colpa, da un desiderio di azione al quale corrisponde l'effettiva incapacità di imporsi agli stessi subalterni, rendendo vana ogni possibilità di riscatto. Ma la sconfitta dell'uomo finisce per coincidere, a ben vedere, con la salvezza dello scrittore, che conduce qui a un decisivo punto di rottura, lo sforzo di accettare l'universo ideale dei valori esistenti. La speranza di una salvezza che derivi dalla razionalità e dall'ordine è data da una scrittura analitica, che giunge a fornire i più minuti resoconti, tornando spesso, a distanza di pagine, sull'inesattezza di un particolare o di un nome. Ma questo controllo formale sulla realtà, che deve garantire la coscienza del dovere compiuto, è scosso alle radici dalle violente tensioni psicologiche, che lasciano intravedere il successivo sprigionarsi delle energie represse, l'accettazione del caos e la sua vittoria sull'ordine. Per il momento, tuttavia, la direzione è segnata da un esacerbarsi delle lacerazioni individuali. Le pagine della seconda parte ("Diario di prigionia") vanno dal maggio al novembre 1918, e si riferiscono agli ultimi mesi di prigionia trascorsi a Celle Lager, nell'Hannover. La cattura di Gadda, durante la rotta di Caporetto, pone bruscamente termine alle speranze riposte nella guerra e approfondisce, in senso esistenziale, una "cognizione del dolore" che appare oramai come il segno ineliminabile di una persecuzione crudele. Lo ossessiona l'idea di non aver fatto nulla per la patria, di non essersi riscattato nei confronti degli altri; la coscienza acuta di questa colpa lo allontana anche dagli amici, in un abbandono fatto di sconforti, di atonie, di crisi depressive. Né il ritorno in patria, narrato nell'ultima parte, è motivo di consolazione; la notizia della morte del fratello, caduto combattendo, ripropone, esacerbandoli, i nodi insoluti di un dramma psicologico e familiare. In una seconda edizione dell'opera (1965), è stato aggiunto un inedito taccuino del 1915, "Giornale di campagna", dove è possibile reperire, sia pure a un livello di esercitazione goliardica, un primo esempio significativo di "pastiche" gaddiano.

 

Luigi De Bellis