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Prima opera pubblicata nel 1931. Il racconto che dà il
titolo al libro è il più lungo e il più importante. La
Madonna di cui si parla è quella raffigurata in un
affresco del "Castelletto", antica dimora della famiglia
Ripamonti, che l'autore immagina collocata nella Bassa
milanese. Maria Ripamonti, giovane delicata e sensibile,
conduce un'esistenza schiva e dolorosa dopo la morte di
Emilio, un biondo e bel ragazzo teneramente amato,
scomparso nella prima guerra mondiale a cui era andato
volontario. Il racconto è ricco di tratti autobiografici:
se ne ritrovano sia nella figura di Maria, per la quale la
vita è ormai "una spettrale sopravvivenza", come lo era
stata per G. dopo la notizia della morte del fratello, sia
in quella di Emilio, figlio di un commerciante fallito,
ulteriormente rovinatosi con la costruzione di una casa di
campagna inabitabile: la stessa casa contro la quale l'A.
aveva inveito nel Giornale di guerra e di prigionia e che
diverrà un motivo fondamentale nella Cognizione del
dolore. Emilio condivide con lo scrittore anche la
passione per l'Ariosto. Ma il personaggio più
autobiografico del racconto è l'ingegnere Baronfo che,
dopo aver girato per lavoro varie parti del mondo,
afflitto da nevrosi dilaganti, decide di dedicarsi al solo
studio della filosofia. Per acquistare alcuni libri
filosofici della collezione Ripamonti l'ingegnere incontra
Maria e tra i due si stabilisce una tenera comprensione.
L'idillio viene interrotto ma non distrutto
dall'aggressione di una volgare ex amante dell'uomo che
vuole vendicarsi dell'abbandono. L'ingegnere ferito viene
amorevolmente soccorso da Maria. Il brano con cui si apre
il volume, intitolato "Teatro", è una perfida e
gustosissima descrizione degli ambienti tipici della
borghesia lombarda. L'ironia si appunta sullo spettacolo
(il melodramma), sugli attori impegnati nel "capolavoro",
che appare all'autore una farsa ridicola, sul pubblico,
"la più colta società babilonese", soddisfatto di sé
quanto dello spettacolo. Dal canto suo l'autore si
appisola risvegliandosi ogni tanto per il fracasso
dell'orchestra fino a che "con la dipartita dell'anima
eletta ebbero fine tutti i suoni le luci ed i suffimigi di
quella notte memoranda". In "Manovre di artiglieria da
campagna" sono rivissuti alcuni ricordi di guerra che si
traducono in immagini di forte rilievo espressivo: "Un più
orrido sibilo si tramuta repentinamente in una folgore
cagna Spring-granata, saltimbanco del rosso demonio!" La
sua attenzione è attratta da un vecchio generale sicuro di
sé e del proprio valore, in realtà balordo e
menefreghista. L'esperienza della guerra, anche nei suoi
aspetti estetici, produce con questo pezzo il primo frutto
letterario, quasi una prova del Castello di Udine. Sotto
il titolo di "Studi imperfetti" sono raccolti otto
"schizzi" di vario argomento. Tutti molto brevi, alcuni
hanno, oltre alla misura, anche l'atmosfera del
"frammento". In "Preghiera", G. esprime il suo senso di
colpa per non aver dedicato ai morti quell'"intenso
dolore, che mi pareva la ragione e il senso della mia
vita", prima di essere distratto dalle quotidiane
preoccupazioni del suo "lavoro d'ufficio". Appare
esplicitamente quell'angoscia che lo perseguiterà sempre:
"Che devo fare? Quando cammino, mi pare che non dovrei.
Quando parlo, mi pare che bestemmio; quando nel
mezzogiorno ogni pianta si beve la calda luce, sento che
colpe e vergogna sono con me". Un ricordo ispira lo
"studio" intitolato "Diario di bordo": la partenza sul
piroscafo "Principessa Mafalda", dopo il penoso distacco
dalla madre, mentre descrizioni di persone ("L'ortolano di
Rapallo"), di paesaggi ("Sogno ligure"), o di stati
d'animo, sono lo spunto degli altri brani. In "Cinema",
che costituisce la quarta sezione del libro, e fa da
contraltare a "Teatro", è descritto il disagio nevrotico
dell'autore in mezzo alla folla: il pubblico domenicale di
una sala cinematografica popolare, i marciapiedi
dell'affollato corso Garibaldi, le bibite dai colori dei
gioielli preziosi sulle bancarelle, il salotto-laboratorio
di una sarta, vedova di un colonnello. Libro composito e
di risultati vari, La Madonna dei Filosofi presenta già
alcune caratteristiche vitali della narrativa gaddiana,
dai tratti più caricaturali e ironici, a quelli più lirici
e autobiografici. |