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Raccolta di scritti pubblicata nel 1964. Comprende, con
taluni spostamenti, altre raccolte, edite precedentemente
in tirature limitate: Le meraviglie d'Italia (1939), Gli
anni (1939, ristampato nel 1943) e Verso la Certosa
(1961). Nella sua forma definitiva, il libro risulta
eterogeneo, raggruppando testi di diverso argomento e
destinazione: al "reportage" giornalistico al ricordo
autobiografico, dalla riflessione critica al frammento
narrativo. L'elemento unificante è costituito dal rapporto
che si stabilisce con la realtà, nell'ampiezza delle sue
coordinate spazio-temporali; all'interno di questa
multiforme fenomenologia, si sprigiona e agisce una
sottile dialettica tra oggettività e soggettività, che
riporta anche le pagine più specificamente descrittive
all'ansia di una reazione individuale. Così, presentando
Verso la Certosa, G. poteva parlare di "rapide e poi quasi
a caso recuperate immagini d'una annotazione che fu
attenta negli anni e sempre e comunque veridica, ma
soverchiata dalla fatica e dal dolore". La testimonianza
di un gesto d'amore o di vita appare quindi inscindibile
rispetto alla sofferenza con cui la realtà offre le
proprie immagini, che la memoria restituisce ancora,
"forse per poco", alla percezione della coscienza: dove
possesso e rinuncia sono legati all'acuto senso di una
illusoria salvezza attraverso la letteratura. Non a caso
il libro si apre con uno scritto, "La tigre nel parco",
che riconduce alle angosce infantili le lacerazioni dello
scrittore, affondandovi "l'analisi psichica", la "più
terrificante analisi", e ricostruendo le linee di un
"complesso edipico" che "tributava alla nutrice... i
commisti sentimenti di amore, venerazione, soggezione". Di
qui è possibile regredire a uno stadio prenatale e
ricavare dall'anamnesi la persecuzione di un cieco
destino, dal momento che "il meccanismo della nostra
formazione individuale è d'altronde una epitome, un
riassunto del cammino percorso dalla discendenza".
Indelebile risulta allora il segno della colpa, che
impregna anche il dolcissimo paesaggio dei laghi lombardi,
culla, già nell'infanzia, di una solitudine ostile,
dell'odio inesplicabile e dell'assurda privazione della
madre: "La disperazione mi chiamava, chiamava, dal fondo
dei suoi deserti senza carità". Questo appello, divenuto
voce del mondo esterno tumultuoso, costituisce la trama
sottesa alla sezione degli scritti di viaggio. Quelli
relativi all'Argentina, in primo luogo, dove l'amore per
"quella terra sconfinata e carnosa, deserta come un sogno
di lidi paradisiaci, vuota di leggi e di mucche", è
parallelo all'invocazione alla madre, al rimpianto delle
cose perdute. Si pensi all'insistenza di questa tematica
nella Cognizione del dolore, un cui frammento, non a caso,
doveva far parte della raccolta. Analoga nostalgia ispira
il soggiorno in Lorena, dove la babelica mescolanza delle
razze induce a sognare "di Spoleto e di Firenze". Le più
armoniose linee del paesaggio italiano ispirano le pagine
seguenti, dedicate alle "genti e terre d'Abruzzo", alla
marina ligure, al "viaggio delle acque" dei fiumi, per
risalire, con "Un romanzo giallo nella geologia", al
mistero biologico dell'origine delle cose. Il periplo si
conclude, placandosi, nel grembo rasserenante della "terra
lombarda", in cui "la pianura lavorata persiste, nelle
parvenze della natura e dell'opere, a essere la madre cara
e necessaria, la base di nostra vita". Ma il rapporto è
sempre reticente, inquieto: "Nella campagna una ragione
profonda, antica. L'ordine geometrico e la dirittura delle
opere, il popolo stupefatto dei pioppi, la specchiante
adacquatura delle risaie: che la sera illividisce di
sogni, di futili paure". Alla Lombardia, e a Milano in
articolare, è dedicata una parte cospicua del libro:
l'interesse vi spazia dalle osservazioni urbanistiche al "divertissement"
di una ricetta culinaria; dagli aspetti storici,
artistici, culturali ("Del Duomo di Como", "La mostra
leonardesca", "Petrarca a Milano"), ai centri nevralgici o
semplicemente curiosi dell'economia e del lavoro ("Una
mattinata ai macelli", "Alla borsa di Milano", "Alla Fiera
di Milano", "Mercato di frutta e verdura", "Carabattele a
Porta Ludovica"). In alcuni di questi brani la curiosità
si traduce in una descrizione minuziosa, sorretta da una
analitica aderenza al succedersi delle azioni e dei
procedimenti tecnici. Le pagine sul macello degli animali
e sulla borsa, per esempio, potrebbero costituire
altrettanti campioni di un procedimento naturalistico,
zoliano, se l'iperbolica oggettivazione non finisse per
escludere ogni intento di mimesi rappresentativa. Al
contrario, l'impassibile esibizione del referto lascia
sprigionare l'orrore di una livida tensione, dal momento
che "ogni realtà è sostenuta da termini opposti e pericola
agitatamente nel campo del destino come la coda di un
serpe colpito, o come il magnete fra i poli". L'ultimo
brano, "Anastomòsi", ha in questo senso una portata
emblematica: la descrizione di un'operazione chirurgica
sottolinea la capacità dell'uomo di vincere con l'arte
(nell'accezione di "tecnica") le stesse leggi della
natura, lottando sul limite estremo dove poggiano i
confini fra la vita e la morte. |