Letteratura italiana: Gadda

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Parliamo di

  Letteratura italiana del Novecento opere di GADDA
Commento critico
Giuseppe Zaccaria

 


Le meraviglie d'Italia
 

Raccolta di scritti pubblicata nel 1964. Comprende, con taluni spostamenti, altre raccolte, edite precedentemente in tirature limitate: Le meraviglie d'Italia (1939), Gli anni (1939, ristampato nel 1943) e Verso la Certosa (1961). Nella sua forma definitiva, il libro risulta eterogeneo, raggruppando testi di diverso argomento e destinazione: al "reportage" giornalistico al ricordo autobiografico, dalla riflessione critica al frammento narrativo. L'elemento unificante è costituito dal rapporto che si stabilisce con la realtà, nell'ampiezza delle sue coordinate spazio-temporali; all'interno di questa multiforme fenomenologia, si sprigiona e agisce una sottile dialettica tra oggettività e soggettività, che riporta anche le pagine più specificamente descrittive all'ansia di una reazione individuale. Così, presentando Verso la Certosa, G. poteva parlare di "rapide e poi quasi a caso recuperate immagini d'una annotazione che fu attenta negli anni e sempre e comunque veridica, ma soverchiata dalla fatica e dal dolore". La testimonianza di un gesto d'amore o di vita appare quindi inscindibile rispetto alla sofferenza con cui la realtà offre le proprie immagini, che la memoria restituisce ancora, "forse per poco", alla percezione della coscienza: dove possesso e rinuncia sono legati all'acuto senso di una illusoria salvezza attraverso la letteratura. Non a caso il libro si apre con uno scritto, "La tigre nel parco", che riconduce alle angosce infantili le lacerazioni dello scrittore, affondandovi "l'analisi psichica", la "più terrificante analisi", e ricostruendo le linee di un "complesso edipico" che "tributava alla nutrice... i commisti sentimenti di amore, venerazione, soggezione". Di qui è possibile regredire a uno stadio prenatale e ricavare dall'anamnesi la persecuzione di un cieco destino, dal momento che "il meccanismo della nostra formazione individuale è d'altronde una epitome, un riassunto del cammino percorso dalla discendenza". Indelebile risulta allora il segno della colpa, che impregna anche il dolcissimo paesaggio dei laghi lombardi, culla, già nell'infanzia, di una solitudine ostile, dell'odio inesplicabile e dell'assurda privazione della madre: "La disperazione mi chiamava, chiamava, dal fondo dei suoi deserti senza carità". Questo appello, divenuto voce del mondo esterno tumultuoso, costituisce la trama sottesa alla sezione degli scritti di viaggio. Quelli relativi all'Argentina, in primo luogo, dove l'amore per "quella terra sconfinata e carnosa, deserta come un sogno di lidi paradisiaci, vuota di leggi e di mucche", è parallelo all'invocazione alla madre, al rimpianto delle cose perdute. Si pensi all'insistenza di questa tematica nella Cognizione del dolore, un cui frammento, non a caso, doveva far parte della raccolta. Analoga nostalgia ispira il soggiorno in Lorena, dove la babelica mescolanza delle razze induce a sognare "di Spoleto e di Firenze". Le più armoniose linee del paesaggio italiano ispirano le pagine seguenti, dedicate alle "genti e terre d'Abruzzo", alla marina ligure, al "viaggio delle acque" dei fiumi, per risalire, con "Un romanzo giallo nella geologia", al mistero biologico dell'origine delle cose. Il periplo si conclude, placandosi, nel grembo rasserenante della "terra lombarda", in cui "la pianura lavorata persiste, nelle parvenze della natura e dell'opere, a essere la madre cara e necessaria, la base di nostra vita". Ma il rapporto è sempre reticente, inquieto: "Nella campagna una ragione profonda, antica. L'ordine geometrico e la dirittura delle opere, il popolo stupefatto dei pioppi, la specchiante adacquatura delle risaie: che la sera illividisce di sogni, di futili paure". Alla Lombardia, e a Milano in articolare, è dedicata una parte cospicua del libro: l'interesse vi spazia dalle osservazioni urbanistiche al "divertissement" di una ricetta culinaria; dagli aspetti storici, artistici, culturali ("Del Duomo di Como", "La mostra leonardesca", "Petrarca a Milano"), ai centri nevralgici o semplicemente curiosi dell'economia e del lavoro ("Una mattinata ai macelli", "Alla borsa di Milano", "Alla Fiera di Milano", "Mercato di frutta e verdura", "Carabattele a Porta Ludovica"). In alcuni di questi brani la curiosità si traduce in una descrizione minuziosa, sorretta da una analitica aderenza al succedersi delle azioni e dei procedimenti tecnici. Le pagine sul macello degli animali e sulla borsa, per esempio, potrebbero costituire altrettanti campioni di un procedimento naturalistico, zoliano, se l'iperbolica oggettivazione non finisse per escludere ogni intento di mimesi rappresentativa. Al contrario, l'impassibile esibizione del referto lascia sprigionare l'orrore di una livida tensione, dal momento che "ogni realtà è sostenuta da termini opposti e pericola agitatamente nel campo del destino come la coda di un serpe colpito, o come il magnete fra i poli". L'ultimo brano, "Anastomòsi", ha in questo senso una portata emblematica: la descrizione di un'operazione chirurgica sottolinea la capacità dell'uomo di vincere con l'arte (nell'accezione di "tecnica") le stesse leggi della natura, lottando sul limite estremo dove poggiano i confini fra la vita e la morte.

 

Luigi De Bellis