|
Romanzo pubblicato nel 1957. Alcuni capitoli erano
precedentemente apparsi su "Letteratura". L'azione si
svolge a Roma durante il fascismo. Il commissario di
polizia Don Ciccio Ingravallo è incaricato di svolgere
un'inchiesta su un furto di gioielli avvenuto al 219 di
via Merulana, una via popolare nel cuore di un vecchio
quartiere di Roma. Nella casa del furto abitano due amici
del commissario: i coniugi Balducci, dai quali è solito
andare a pranzo i giorni festivi. Per lo scapolo Don
Ciccio, Liliana Balducci è l'incarnazione della purezza e
della dolcezza femminile. Un mattino, Don Ciccio viene
informato che Liliana è stata selvaggiamente assassinata
nel suo appartamento al 219: il furto di gioielli e
l'assassinio sono opera di una stessa persona? Gli indizi
sono scarsi, le testimonianze contraddittorie. Il romanzo
illustrerà l'odissea di Don Ciccio e dei suoi uomini
attraverso Roma e la sua periferia nel tentativo di
ricostruire la verità. Nello stesso tempo agli inquirenti
si rivelerà tutta una società, dall'alto funzionario alle
prostitute, dall'aristocrazia al popolino di Roma. I
sospetti si puntano di volta in volta su un vecchio
funzionario in pensione, sul giovane e bel nipote di
Liliana, un "gigolo" incaricato di far visitare Roma alle
turiste solitarie. Man mano che l'inchiesta procede,
emerge un nuovo volto di Liliana: non potendo avere il
figlio che desiderava, riversava il suo affetto frustrato
sul nipote, tipico bellimbusto, e su orfane che faceva
venire dalla campagna, "adottandole" per un certo tempo
per colmarle di favori e farle poi sposare a suo
gradimento. Delusa e truffata ogni volta, attingeva dalla
religione la forza di ricominciare daccapo l'esperienza,
col tacito accordo del marito, semplice "oggetto
domestico", abituato a dividere la propria esistenza tra i
viaggi d'affari e la caccia. Le rivelazioni di una
prostituta, Ines, mettono sulle tracce di una sedicente
lavandaia dei dintorni di Roma, Zanira Pacori, ex
prostituta dei battaglioni d'Africa, e più esattamente
ruffiana, strega e guaritrice. Al dito d'una sua
impiegata, il carabiniere Pestalozzi scopre uno dei topazi
rubati in via Merulana. La pista è buona: e conduce
Pestalozzi nella casa di un guarda-barriere della campagna
romana dove viene ritrovato il resto dei gioielli nascosto
nel vaso da notte della nonna. Frattanto gli uomini di Don
Ciccio hanno arrestato, al mercato di Piazza Vittorio, un
giovane venditore di porchetta, fratello del presunto
assassino di Libana. La rete si stringe: Don Ciccio
interroga Assunta, una delle ex protette di Liliana, al
capezzale del padre morente. La ragazza nega qualsiasi
complicità nel delitto. La verità sembra gradualmente
affiorare, ma Don Ciccio, dinanzi alla splendida vitalità
di Assunta esita, come preso da rimorso. Il libro si
chiude così senza che l'intrigo sia giunto a un vero e
proprio epilogo. In Quer pasticciaio brutto de Via
Merulana i ricchi borghesi di Milano lasciano il posto ai
piccoli borghesi e al popolino di Roma. L'intrigo
poliziesco qui non è che un pretesto per un'esplorazione
tutta interiore. Don Ciccio, con la sua ostinata pazienza,
le sue collere improvvise, il suo scetticismo e la sua
profonda umanità si scontra con una realtà multiforme e
contraddittoria. Il soggetto poliziesco assume l'aspetto
di una storia grottesca e dolorosa. Per raccontare questa
storia dai mille contraccolpi, dai personaggi più
inattesi, Gadda ha inventato un linguaggio composito e
acrobatico in cui prevale il ricorso al romanesco, in
chiave espressionistica (ma innumerevoli sono le
rielaborazioni e i prestiti da altri dialetti, così come i
tecnicismi, i preziosismi, i neologismi), in un radicale
rifiuto dei modelli narrativi e stilistici tradizionali e
dei valori ideologici da essi veicolati. Grazie alla
distanza creata dal linguaggio, a uno "humour" sempre
presente e alla ricchezza semantica della pagina, questo
romanzo "barocco" resta, con La cognizione del dolore una
delle opere maggiori di G. e della letteratura italiana
contemporanea. |