Letteratura italiana: Gadda

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Parliamo di

  Letteratura italiana del Novecento opere di GADDA
Commento critico
Giuseppe Zaccaria

 


I viaggi la morte
 

Raccolta di saggi pubblicata nel 1958. Comprende scritti già editi, in sedi diverse, tra il 1927 e il 1957. La prima parte affronta argomenti a carattere prevalentemente teorico, che tuttavia risultano strettamente connessi, nella riflessione gaddiana, a una concreta prassi operativa. Così, la meditazione personale "Come lavoro" diviene giustificazione del proprio esercizio narrativo, fino a trasformarsi "Tra il dire e il fare" in una considerazione generale sui fini del linguaggio e dell'arte. Una portata più oggettiva assumono alcuni dei testi che seguono. Quello dedicato al rapporto fra "psicoanalisi e letteratura" insiste sull'efficacia di un metodo di ricerca che vale come profonda istanza conoscitiva, capace di smascherare le idilliche immagini di una visione del reale - e soprattutto dell'infanzia - ottimistica o edificante. Si pensi, per intendere la portata di questi cenni, alla Cognizione del dolore, e alle insanabili lacerazioni dei rapporti familiari. E si ricordi che G. attribuisce qui al "linguaggio del popolo" una più autentica "libertà" psicoanalitica, dal momento che, "più duramente esperto del bene e del male, il popolo trascende più facilmente dei retori a chiamar pane il pane e vino il vino, un po'come Freud se pure al di qua di una terminologia clinica o di una sintassi metodologica". Sono indicazioni preziose, queste, per entrare nel vivo della problematica gaddiana; ad esse si devono ancora aggiungere quelle relative ai rapporti tra "tecnica e poesia", "belle lettere e contributi espressivi delle tecniche", "lingua letteraria e lingua dell'uso". Ci si accosta, qui, agli strumenti propri del "cantiere" dello scrittore, in cui sia la perspicuità esatta del riferimento tecnico, sia le scelte stilisticamente stravaganti rientrano in un organismo della lingua come "specchio del totale essere, e del totale pensiero", derivate "da una cospirazione di forze, intellettive o spontanee, razionali o istintive, che promanano da tutta la universa vita della società": dalle espressioni letterarie a quelle popolari. Tali osservazioni si svolgono in margine a quello che Contini ha definito il "plurilinguismo" dello scrittore; e proprio Contini è l'interlocutore del brano che segue "Fatto personale... o quasi", in cui G. riferisce la sua vocazione "macaronica" a una esigenza di rivolta, alla conquista di una più profonda libertà interiore. Con alcune pagine in cui G. torna a parlare di sé (in una intervista radiofonica e in un intervento su Quer pasticciaccio, termina la prima sezione dell'opera. La seconda presenta in gran parte scritti legati a occasioni contingenti: la presentazione della mostra dell'incisore olandese Ensor; le osservazioni su una rappresentazione dell'Amleto; un discorso per l'assegnazione del premio di poesia "Le Grazie"; alcune recensioni, tra cui quella del romanzo di Moravia Agostino (1944), condotta sulla base dell'interesse psicoanalitico sopra ricordato. Ma occorre soprattutto isolare, per la loro pregnanza, lo scritto sull'"arte del Belli", dove all'uso del dialetto è riconosciuta una fondamentale tensione problematica, e quella che dà il titolo al volume, qualificandosi come analisi di un preciso percorso poetico: "da Le voyage di Charles Baudelaire a Bateau ivre di Arthur Rimbaud". In un universo che ha perso la fede nella logica delle connessioni causali, dove il tempo appare dissociato dallo spazio, alla fine di questo itinerario, pur sostenuto da una drammatica tensione etica, non vi possono essere che la morte e il nulla, come segni originari di una condanna e di una condizione esistenziali. Infine, esprimendo una sua "opinione sul neorealismo", in risposta a una inchiesta promossa da Carlo Bo nel 1950, G. oppone, alla poetica prevalente in quegli anni, una sua nozione di realismo integrale: quella che chiede al romanzo, al di là del puro referto, "una tensione tragica, una consecuzione operante, un mistero, forse le ragioni o le irragioni del fatto... Il fatto in sé, l'oggetto in sé, non è che il corpo morto della realtà, il residuo fecale della storia...". L'ultima e più breve sezione del libro contiene infine due divagazioni e un dialogo "filosofico" sull'egoismo e sul narcisismo, collegandosi in ciò alla tematica sviluppata in Eros e Priapo.

 

Luigi De Bellis