Parliamo di |
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Letteratura italiana del Novecento |
Autore
della critica |
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Due
ossi di seppia |
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Dalla sezione che dà
titolo alla raccolta degli Ossi di seppia riportiamo due
componimenti fra i più celebri e i più significativi del
«male di vivere» montaliano, che proprio attraverso tale
definizione (formulata nel primo dei due testi) è passato
a designare la condizione dell'uomo contemporaneo.
Spesso il male di vivere è una nitida rappresentazione
della condizione di sofferenza e angoscia che travaglia il
poeta, risolta attraverso l'accostamento di alcuni
equivalenti oggettivi (oggetti simbolici) alla definizione
lirico-riflessiva di quella condizione. Notevole la
struttura simmetrica: affermazione del male di vivere +
oggetti simbolici (il rivo strozzato, la foglia riarsa, il
cavallo stramazzato); negazione del bene (di vivere) se
non nella sua limitata condizione di «divina Indifferenza»
+ oggetti simbolici (la statua, la nuvola, il falco).
Parimenti notevole è l'addensarsi di termini fonicamente
aspri, petrosi (nessi r + consonante, ss, zz, str, ecc.)
nella prima quartina, evidenziati da fenomeni di
consonanza (incartocciarsi: riarsa) e dalla rima interna
per giunta arricchita di fonemi aspri (incontrato:
strozzato: stramazzato).
Cigola la carrucola del pozzo descrive l'illusione di una
fuga dal «male di vivere» e la ricaduta in esso, tramite
il motivo - proustiano nell'essenza, ma antiproustiano nei
risultati - dell'illusione, presto vanificata e delusa, di
poter sottrarre al tempo un frammento del proprio passato,
di rivivificare l'immagine di una donna cara che il poeta
intravede sulla superficie dell'acqua. Per intendere
meglio il senso di questo componimento bisogna
riconsiderare la situazione generale descritta negli
Ossidi seppia: il poeta sperimenta il male di vivere, ma è
in attesa di un evento "miracoloso" che finalmente lo
metta «nel mezzo di una verità», che ridia significato e
senso alla vita.
Tale evento è espresso per via delle metafore ormai note
della «maglia rotta nella rete», dell'«anello che non
tiene» e affini. Quale debba essere in concreto questo
evento il poeta però non sa: potrebbe essere qualunque
cosa, anche la più imprevista e la più assurda o la più
banale. Già nei Limoni abbiamo visto il poeta, nel momento
privilegiato del dilagare del profumo dei limoni, aguzzare
gli occhi e tenere desta l'attenzione, chi sa mai che
qualcosa non dovesse accadere proprio allora (« Lo sguardo
fruga d'intorno, / la mente indaga accorda disunisce...» ,
vv. 30-31). In seguito Montale attribuirà il miracolo che
pare forse aver beneficato altre persone a oggetti
insignificanti (i piccoli amuleti di Dora Markus o Clizia:
«forse / ti salva un amuleto che tu tieni / vicino alla
matita delle labbra, / al piumino, alla lima: un topo
bianco, / d'avorio; e così esisti!» [Dora Markus nelle
Occasioni]). L'evento miracoloso nel caso di Cigola la
carrucola e di vari altri componimenti è atteso dal
passato. Ma il recupero memoriale di eventi e fantasmi del
passato («Un rovello è di qua dall'erto muro. / Se procedi
t'imbatti /tu forse nel fantasma che ti salva», In limine)
è destinato a fallire: l'immagine, accompagnata dallo
stridore della carrucola (altro oggettivo segnale del male
di vivere), è restituita all'« atro fondo» e nuovamente
«una distanza» si frappone fra il poeta e una realtà
felice.
Anche in Cigola la carrucola del pozzo è possibile poi
rinvenire una struttura simmetrica e oppositiva: i primi
versi (in particolare i vv. 1-4) delineano il progressivo
emergere del ricordo e dell'immagine che «ride» ; il v. 5
designa l'atto che segna l'inversione del processo
(l'accostare il volto all'acqua); gli ultimi versi segnano
lo svanire del ricordo che si risprofonda nel passato e il
ripristinarsi della « distanza che ci divide» (da notare
le rime ride:, stride: divide).. |
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