Parliamo di |
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Autori
del Novecento italiano Giovanni Pascoli |
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I due
fanciulli |
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Questo componimento testimonia un
aspetto importante del Pascoli poeta: la sua vocazione
"narrativa", che si esprime in testi che egli stesso
definì «poemetti» e, in maniera pili articolata e
ambiziosa, nei Poemi conviviali.
Sul piano formale merita attenzione l'uso della terzina
dantesca: Pascoli nella sua produzione dà prova di una
grande disponibilità a utilizzare tutte le forme metriche
della tradizione, anche le forme più "chiuse" e più
rigidamente strutturate, com'è il caso appunto della
terzina. Ma all'interno di questa scelta egli introduce la
sua novità, la sua specificità: in questo consiste il suo
sperimentalismo, in questo egli è, secondo la felice
definizione dei Contini, «un rivoluzionario nella
tradizione». Si veda qui, ad esempio, come la solida
struttura della terzina venga per così dire insidiata e
frantumata dalla frequenza delle cesure (v. 1; 4; 39; 42,
ecc.) e degli enjambements (vv. 1-2; 2-3; 7-8, ecc.)
dovuti al fatto che l'andamento sintattico (logos) non
coincide con la misura metrica (melos): si creano così
misure metriche nuove, inedite, all'interno
dell'endecasillabo.
Il componimento ci sembra di particolare interesse perché
esprime con chiarezza, nella sua struttura narrativa di
exemplum o di apologo, un caposaldo dell'ideologia
pascoliana, cioè la sua aspirazione a un rapporto di pace
e d'amore fra gli esseri umani, il suo vagheggiamento di
un mondo fatto di fratelli (è significativo che il
vocativo Uomini del v. 39 diventi alla strofe seguente
fratelli; legati, l'uno e l'altro termine, dalla
collocazione chiastica di pace). Alla base di questa
conclusione - o meglio, di questa aspirazione - c'erano
parecchie cose: la sua personale esperienza dei frutti
della violenza, la paura del mondo contemporaneo con il
progressivo accentuarsi della competitività, ecc.
Qui questa aspirazione alla fraternità e alla pace sociale
nasce da una sorta di smarrimento cosmico: nulla sappiamo
del destino dell'uomo (vv. 34-35: ombra... silenzi cupi),
povera ed effimera cosa è, in una prospettiva di eternità,
la sua vicenda (vv. 36-38). Siamo di fronte a un
umanitarismo, a un solidarismo che prescinde dalle
risposte che a questi problemi fornisce la religione. In
una lettera a padre Semeria, cui dedicò questo
componimento, Pascoli scrive: «Io penso molto all'oscuro
problema che resta... oscuro. La fiaccola che lo rischiara
è in mano della nostra sorella grande Morte! Oh! sarebbe
pur dolce cosa il credere che di là fosse abitato! Ma io
sento che le religioni, compresa la più pura di tutte, la
cristiana, sono per così dire, Tolemaiche. Copernico,
Galileo le hanno scosse».
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