Letteratura italiana: Giovanni Pascoli

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Parliamo di

  Autori del Novecento italiano Giovanni Pascoli
Critica di
  Claude Cènot

 


Poemi italici
 

È un'opera della maturità, apparsa nel 1911. Comprende tre poemetti: Paolo Ucello, Rossini, Tolstoj. Sono tre allegorie o esemplificazioni simbolistiche di tre concetti informatori dell'estetica pascoliana (Il fanciullino): che il poeta, pur non possedendo nulla, tutto possiede; che la poesia è rivelazione dell'intimo in armonia coll'anima del mondo; che deve sempre avere una suprema utilità morale e sociale. In Rossini, di tre canti in terzine con un "Preludio", è rifatto immaginosamente un episodio della vita napoletana del maestro al tempo dell'Otello. Manca la celebre romanza di Desdemona "Assisa a piè di un salice", e perché nasca è necessario che l'anima pargoletta che sa nulla e crea in purità astrale sia liberata dalla materialità del senso, il che avviene dopo una notte di bagordi nell'inconscia chiaroveggenza del sonno. Tolto il "Preludio", ove la descrizione del ritorno a casa di Rossini ubriaco è realistica e viva, il restante cade nel monotono, perché i movimenti salienti della vita del maestro, ripercorsi dal poeta, appaion solo di riflesso, attraverso le rampogne della Pargoletta tante volte tradita, e così alla libera rappresentazione della vita fisica e creativa del Rossini si sostituisce un didascalismo allegorico astratto che l'industria dell'arte mal riesce a dissimulare. Tolstoj s'inizia pure con un episodio biografico: la fuga del vecchio da Jàsnaia Poliana per cercare ciò che non trovava, l'ideale della perfezione umana. Ma tosto subentra il Pascoli col racconto immaginoso dell'incontro del pellegrino con san Francesco, con Dante, con Garibaldi; siamo trasportati nel paesaggio francescano dei Fioretti di cui parafrasa alcuni capitoli, in quello della pineta di Ravenna con Dante che accompagnato da Matelda attende Beatrice per salire al cielo, e infine tra i graniti e i lentischi di Caprera. Qui, Tolstoj vede Garibaldi che ara, e dopo una visione delle imprese guerresche dell'eroe, decide di restare, perché nel guerriero eroico francescano e contadino scopre l'ideale cercato. L'epos garibaldino, già accennato in "Manlio" di Odi e Inni (v.), avrà compimento nella biografia poetica dell'eroe dei Poemi del Risorgimento. Ma sempre, alla nobiltà dei sentimenti, come non risponde l'arte, manca la necessaria virtù logica costruttiva.

Uno strano miscuglio di spontaneità e d'artifizio: un grande-piccolo poeta, o se piace meglio un piccolo-grande poeta. (B. Croce)

 

Luigi De Bellis