Letteratura italiana: Giovanni Pascoli

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Parliamo di

  Autori del Novecento italiano Giovanni Pascoli
Critica di
  Claude Cènot

 


Poemi conviviali
 

È una delle opere maggiori di poesia di Pascoli e delle più importanti e interessanti della letteratura moderna d'ispirazione dall'antico; (è d'un finlandese, Emil Zilliacus, l'aurea operetta Giovanni Pascoli et l'antiquité [Helsingfors, 1909]). La prima volta, dall'età dett'Umanesimo, che il mondo classico ci ritorni ripreso a tema e soggetto di poesia, e questa volta nell'interezza del suo corso secolare, dalle origini omeriche all'avvento di Cristo, e nel senso d'un umanesimo moderno. Storica quindi la loro materia ed epica, donde anche il loro titolo, perché, come dice il Pascoli, "l'epica nacque nei banchetti", (e che alcuni tra essi comparissero, prima che in volume nel 1904, nella rivista romana "Convito" del 1895, fu solo una fortunata coincidenza onomastica). Un convito rappresenta infatti la scena di "Solon", con cui si apre il libro, e una cantatrice d'Eresso (Lesbo) vi reca due canti di Saflo, uno d'amore e uno di morte. Ma già nell'amore è il presentimento della morte, in un comune anelito di pace e di dissolvimento. Tema dominante di questi canti è in genere la morte, nel cui riflesso la vita s'illumina, acquista, un suo senso, come d'una più alta rivelazione, nell'albore di una luce nuova. I miti classici sono così umanizzati, gli eroi ne ritornano col peso della loro mortalità, ma non perciò abbassati o distrutti, ché non se ne rompe l'incanto, ma anzi rifatti più vivi attraverso un'interpretazione dell'antico che è fuori della convenzione e delle imbalsamazioni della filologia. Questa morte romantica non e meno serena e forte dell'antica. Esempio massimo "L'ultimo Viaggio", in ventiquattro canti brevi: l'ordito è quello dell'Odissea; Ulisse ripercorre le tappe del suo lungo errare; a risognare il suo sogno giovanile; invano a ogni tappa e Circe e il Ciclope e le Sirene si scoprono come illusioni del senso; col naufragio dinanzi all'isola di Calipso si spegne il sogno estremo. Così muore Achille ("La cetra d'Achille") dopo un estremo abbraccio d'amore, come in un sogno, e così Anticio, l'eroe compagno di Ulisse ("Anticio"), nella visione sognante delle bellezze di Elena argiva. Poco diversa è la morte di Socrate (nei "Poemi di Psiche"), serena tra i giochi dei fanciulli e il grido fausto di una civetta ("La civetta") nel trapasso dell'anima, "divina psyche", dal carcere terreno all'invisibile mondo dello spirito universo. E son miti e simboli del pensiero stesso del Pascoli, della sua filosofia ed estetica. In "Il cieco di Chio", in Omero che permuta il male della cecità col dono della seconda vista dell'anima e dell'amore, è figurata l'estetica del Fanciullino, siccome in "Sileno" l'idea della bellezza intesa come rivelazione o illuminazione; in "I vecchi di Ceo" i due atleti morenti, l'uno con figli e l'altro senza, la santità della vita che continua; in "Il poeta degli Iloti", nell'Esiodo cioè delle Opere e i giorni, la santità emancipatrice del lavoro; in "Gog e Magog" il sentimento ribelle dei senza pane; e finalmente in "La buona novella" la redenzione dell'uomo, nel nome del Cristo promesso. Di converso, nei "Poemi di Ate", la dea del rimorso, la condanna fatale di chi uccide: l'uomo ("Ate"), i figli ("L'etera"), la madre ("La madre"). L'artista e l'umanista raro si danno così la mano, né si può dire dove cominci l'uno e cessi l'altro; ma nell'ispirazione dell'antico la poesia è come sorretta in visioni più larghe e sicure, e spesso tocca la perfezione.

Nei Poemi conviviali parla greco: greco con parole italiane, ma con tutte le inflessioni, i giri, i sottintesi di chi si è a lungo nutrito di poesia greca. Il libro è un trionfo della virtù assimilatrice, un capolavoro di cultura umanistica. (B. Croce)

 

Luigi De Bellis