Parliamo di |
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Autori
del Novecento italiano:
PIRANDELLO |
Critica
all'opera |
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Mario
Alicata |
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Il
turno |
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Romanzo pubblicato
nel 1902, cui si può attribuire, come all'Esclusa,
solamente un interesse di "situazione": per il resto il
racconto, scritto in una lingua distratta e sempre
imprecisa e inadeguata, è oramai molto lontano dalle
nostre esigenze e dal nostro gusto. Il "turno" sarebbe
quello che Marcantonio Ravì, un bonaccione grasso e
volgare, vorrebbe far compiere alla figlia Stellina,
dandola prima in sposa a un riccone settantenne, don Diego
Alcozèr, per poi consegnarla agiata e felice, dopo la
morte di lui, al suo spasimante Pepè Alletto, che ha ai
suoi occhi l'unico torto d'essere povero in canna. Ma i
piani del Ravì e le speranze dell'Alletto vengono
curiosamente sventati dal cognato di quest'ultimo, Ciro
Coppa, un avvocato invadente e prepotente, che, presosi
dapprima a cuore gli interessi del suo timido parente, si
innamora di Stellina e, rimasto vedovo della sorella di
Pepè, ne ottiene il divorzio dal vecchio don Diego e se la
sposa. Se Pepè Alletto resta come colpito dal fulmine,
dopo il matrimonio non mena certo vita felice il
gelosissimo Ciro, che vive sotto l'incubo di due rivali,
cioè dell'antico marito e dell'antico spasimante: finché
un giorno muore d'apoplessia in tribunale, proprio mentre
don Diego s'accinge a sposarsi per la quarta volta con una
bella giovane, Tina Mendola. Così, intorno alla bara del
Coppa sembra che sia finalmente venuto il turno di Pepè e
di Stellina, riaccostati anche dalla protezione che
entrambi debbono agli orfani di Ciro, i due figlioletti da
lui avuti con la prima moglie, sorella di Pepè. La scena
finale del romanzo svolta intorno al feretro di Ciro Coppa
può considerarsi come una prima prova complessa e decisiva
dell'umorismo pirandelliano, di quel suo sorriso scettico
e mordace sugli assurdi penosi dell'esistenza.
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