Letteratura italiana: Analisi del Novecento

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  Letteratura italiana del Novecento
OPERE
Con me e con gli alpini
Ragazzo
Resultanze in merito alla vita e al carattere di Gino Bianchi

 


Con me e con gli alpini
 

Opera pubblicata nel 1919. Fa spicco nella memorialistica di guerra in primo luogo poiché riassume i caratteri e i limiti dell'interventismo democratico, e in secondo luogo perché non appartiene alla diaristica in senso stretto, ma piuttosto è legata al frammentismo e quindi a opere come Il mio corso di Slataper, Frantumi di Boine, Ragazzo dello stesso J. Lo scrittore narra qui la propria esperienza durante la prima guerra mondiale cui partécipa come tenente degli alpini. Grande è il disagio che egli prova nel portare i gradi senza essere mai stato soldato, soprattutto perché deve impartire ordini a reclute non comuni: trentaduenni che non si aspettavano la chiamata, "tutti contadini in giacchetta con un senso di ridicolo penoso". Nutre per essi stima e rispetto e non li ritiene subalterni e inferiori, ma cerca di imparare la loro lezione di vita, ritrovando "nella freschezza di questa umanità nuova, dopo la confusione dei tanti libri", la sua anima vera. È dunque per migliorarsi che condivide il più possibile la vita dei soldati, partecipando ai loro canti, ai loro discorsi. Traspare chiaramente in queste pagine l'amore e l'attaccamento di J. per la campagna, per la montagna soprattutto e per gli uomini che vi lavorano e vi passano la vita, una vita dura, ma onesta e libera, al contrario dell'esistenza cittadina che conduce l'individuo a perdere la propria identità. Di contro a questa disperata solitudine l'A. esalta la solidarietà, lo spirito di fratellanza e di uguaglianza che si stabilisce nell'esercito. A questa scuola egli spera che "d'ora in avanti passerà tutta la nazione". Esempio dell'importanza che l'esercito riveste nell'educazione e nel riscatto dell'individuo è il soldato Somacal Luigi "cretino dalla nascita e manovale". Questa recluta non è, come gli altri, un contadino e per questo non sa nemmeno controllare il suo corpo che sempre torna alla posizione di manovale; sembra un burattino, eppure con l'aiuto e la comprensione del tenente riesce a centrare il bersaglio, a non farsi riformare, rimanendo con gli alpini non per la patria, ma perché lì "si sente in un'aria buona". Molte sono secondo lo scrittore le gioie e le consolazioni del soldato: innanzitutto le privazioni stesse che sanno far apprezzare anche il minimo bene, e poi la salute, il contatto con la natura, la solidarietà, la disciplina e infine la coscienza di compiere il proprio dovere battendosi per una causa giusta. L'Italia non è infatti entrata in guerra per conquistare la ricchezza, ma per difendersi da popoli "prepotenti ed artigliati", divisi dall'interesse e dall'odio. J. dice: "Voi siete soltanto forti: che miseria! Noi vogliamo essere liberi e giusti. E saremo.". Nelle ultime pagine compare il rombo del cannone e il pensiero della morte sublimata come atto di eroismo e di abnegazione, come dimostrazione della grandezza e della forza morale del soldato, dell'alpino.
Rita Castello

 

Luigi De Bellis