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Massimo
Bontempelli |
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Massimo
Bontempelli, nato a Como nel 1878, per molti anni docente
di italiano, esercitò una notevole influenza sul dibattito
letterario degli anni Venti e Trenta. Nella sua vicenda
umana e nella sua attività ci sono parecchi aspetti
"esemplari", tali cioè da far capire le difficoltà
dell'intellettuale alle prese col regime e le ambiguità di
un rapporto tutt'altro che semplice. Aderì al fascismo,
ebbe cariche di regime, nel 1930 fu nominato accademico
d'Italia, ma nel 1938 rifiutò la nomina a professore
universitario per succedere ad Attilio Momigliano radiato
per le leggi razziali; esaltò la "missione di Roma" - un
luogo comune della cultura fascista - ma nel dibattito
politico-culturale si oppose all'oltranzismo strapaesano
di Maccari e compagni e si batté per una
sprovincializzazione della cultura e della letteratura
italiana e per una maggiore conoscenza delle esperienze
straniere. Strumento di questo suo programma fu la rivista
«900» (1926-29), redatta per i primi due anni in francese
(vi collaborarono Virginia Woolf, David M. Lawrence e
altri scrittori stranieri). Nelle sue opere narrative (La
scacchiera di fronte allo specchio, 1922; Vita e morte di
Adria e dei suoi figli, 1930; Gente nel tempo, 1937) egli
realizza quelle modalità che aveva definito "realismo
magico" e che sono in vario modo presentì anche nei lavori
teatrali Nostra Dea (1925) e Minnie la candida (1927). I
suoi saggi critici - discorsi pronunziati all'Accademia
d'Italia, di cui era membro - su Leopardi, Verga,
D'Annunzio, Pirandello (raccolti nel volume Introduzioni e
discorsi, 1944) si segnalano per il notevole estro
interpretativo. Nel 1939 fu espulso dal Partito e inviato
al confine (a Venezia però, su sua designazione...); negli
anni di guerra maturò una revisione delle sue ideologie, e
alle elezioni del 1948 fu eletto senatore nelle liste del
Fronte popolare: la nomina fu però invalidata per i suoi
trascorsi fascisti. Morì a Roma nel 1960.
Ne La scacchiera di fronte allo specchio il protagonista
narratore racconta in 24 brevissimi capitoli di essere
stato una volta rinchiuso, da bambino, in una stanza dove
c'erano soltanto un tavolo con sopra una scacchiera e, di
fronte, uno specchio che la rifletteva. Ad un tratto il Re
Bianco, non quello vero della scacchiera, ma quello
riflesso sullo specchio, gli rivolge la parola, lo invita
a chiudere gli occhi per passare così al «mondo di là». II
bambino obbedisce e inizia così questa esplorazione di un
mondo fantastico popolato da tutto ciò che negli anni si è
riflesso in quello specchio e regolato da leggi sue
particolari. La vicenda diventa gioco della fantasia volto
a immergere personaggi e cose in un alone tutto
particolare che li scorpora quasi della loro materialità e
permette uno svolgimento quanto mai lontano da ogni legge
di logica o di verosimiglianza: tutto si svolge in un'aura
rarefatta e assorta, che rende tutto credibile e possibile
(il dialogo coi vari pezzi degli scacchi, le riflessioni
del manichino ecc.).
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