Analisi opere di Giovanni Papini

   Home        

 

Parliamo di

  Letteratura italiana del Novecento
Autore recensione
Giorgio Bàrberi Squarotti

 


Cento pagine di poesia
 

Opera pubblicata a Firenze nel 1915, e ivi ripubblicata, nel 1933 e 1947, insieme con Giorni di festa, sotto il titolo complessivo Poesia in prosa. Le diciassette prose e la poesia che costituiscono questo volume rappresentano nell'opera creativa di Papini la parte meno intensa, più sentimentalmente effusa, tutta rivolta alla confessione, alla dichiarazione dei sentimenti, dei pensieri, a memorie, descrizioni private. Il libro è diviso in tre parti "Proprietà", "Confidenze", "Precipitazioni". Più viva resta la prima, perché più sincera e semplice: la descrizione degli umili animaletti che fanno compagnia al poeta, o del grande cielo notturno ("I miei amici"); il delicato impressionismo descrittivo di "Le mie figliole", affettuoso e limpido; certi angoli cittadini colti con vivacità, anche se con una tecnica illusionistica non sempre felice ("Il mio fiume", "La mia strada"). Meno ricche e vive le "Confidenze", anche se in pagine come quelle intitolate "Anch'io son borghese" i moventi ideologici di Papini appaiono illuminati con singolare efficacia, pur sotto lo schermo dell'ironia, che deforma ma non cancella il fondo conservatore e un po'provinciale dei gusti e della letteratura papiniana. Meno riusciti certi personaggi colti un po'troppo in superficie, come "Il merciaio" e "L'indiano", o la "Dichiarazione al tipografo", che tutt'al più testimonia l'alto concetto che Papini. ha dello scrivere come missione; mentre il fondo romantico dello scrittore si dimostra appieno in "C'è un canto dentro di me". Le "Precipitazioni" raccolgono le prose più deboli del libro: ritornano meditazioni sul proprio essere poeta ("Mezz'ora"), un impressionismo insistito e meccanico. ("La sala dei manichini"), un illusionismo sentimentale costruito su esclamazioni continue, giuochi verbali, immagini bizzarre ("Partenza", "Arrivo"), mentre si riduce a ben poco il vigore descrittivo del miglior Papini prosatore, quello del frammentismo di Giorni di festa, delle poesie di Opera prima e di Pane e vino . Precede il libro una breve introduzione in cui l'A. distingue il proprio lavoro nei due aspetti complementari del bozzettismo toscano e dell'espressione spirituale, della meditazione morale: ma mentre Papini par indicare in quest'ultimo la parte che gli è più cara e gli sembra più valida, in realtà i pochi passi delle Cento pagine che hanno resistito al tempo sono proprio quelli in cui resta il segno incisivo e intenso del descrittivismo tutto intinto del toscano gusto dell'immagine, del colore, della parola ricca e saporosa.

 

Luigi De Bellis