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Opera pubblicata a Firenze nel 1915, e ivi ripubblicata,
nel 1933 e 1947, insieme con Giorni di festa, sotto il
titolo complessivo Poesia in prosa. Le diciassette prose e
la poesia che costituiscono questo volume rappresentano
nell'opera creativa di Papini la parte meno intensa, più
sentimentalmente effusa, tutta rivolta alla confessione,
alla dichiarazione dei sentimenti, dei pensieri, a
memorie, descrizioni private. Il libro è diviso in tre
parti "Proprietà", "Confidenze", "Precipitazioni". Più
viva resta la prima, perché più sincera e semplice: la
descrizione degli umili animaletti che fanno compagnia al
poeta, o del grande cielo notturno ("I miei amici"); il
delicato impressionismo descrittivo di "Le mie figliole",
affettuoso e limpido; certi angoli cittadini colti con
vivacità, anche se con una tecnica illusionistica non
sempre felice ("Il mio fiume", "La mia strada"). Meno
ricche e vive le "Confidenze", anche se in pagine come
quelle intitolate "Anch'io son borghese" i moventi
ideologici di Papini appaiono illuminati con singolare
efficacia, pur sotto lo schermo dell'ironia, che deforma
ma non cancella il fondo conservatore e un po'provinciale
dei gusti e della letteratura papiniana. Meno riusciti
certi personaggi colti un po'troppo in superficie, come
"Il merciaio" e "L'indiano", o la "Dichiarazione al
tipografo", che tutt'al più testimonia l'alto concetto che
Papini. ha dello scrivere come missione; mentre il fondo
romantico dello scrittore si dimostra appieno in "C'è un
canto dentro di me". Le "Precipitazioni" raccolgono le
prose più deboli del libro: ritornano meditazioni sul
proprio essere poeta ("Mezz'ora"), un impressionismo
insistito e meccanico. ("La sala dei manichini"), un
illusionismo sentimentale costruito su esclamazioni
continue, giuochi verbali, immagini bizzarre ("Partenza",
"Arrivo"), mentre si riduce a ben poco il vigore
descrittivo del miglior Papini prosatore, quello del
frammentismo di Giorni di festa, delle poesie di
Opera prima e di Pane e vino
. Precede il libro una breve introduzione in cui l'A.
distingue il proprio lavoro nei due aspetti complementari
del bozzettismo toscano e dell'espressione spirituale,
della meditazione morale: ma mentre Papini par indicare in
quest'ultimo la parte che gli è più cara e gli sembra più
valida, in realtà i pochi passi delle Cento pagine che
hanno resistito al tempo sono proprio quelli in cui resta
il segno incisivo e intenso del descrittivismo tutto
intinto del toscano gusto dell'immagine, del colore, della
parola ricca e saporosa. |