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Autori
del Novecento italiano |
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Stefano
D'Arrigo |
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Stefano D'Arrigo, nato ad Alì (Messina)
nel 1919, ha studiato lettere all'Università di Messina,
ha partecipato alla seconda guerra mondiale, si è
stabilito nel 1946 a Roma, dove è sempre vissuto. Ha
esordito come poeta (Codice siciliano, 1957), si è
dedicato alla critica d'arte e nel contempo alla stesura
del suo Horcynus Orca, di cui già il n. 3 del «Menabò»
(1960) pubblicava un centinaio di pagine col titolo i
giorni della fera, precedute da una "notizia" di
presentazione curata da Vittorini. La lunga elaborazione
dell'opera si è conclusa con la pubblicazione nel 1975.
Nel 1985 è uscito un suo secondo romanzo, Cima delle
nobildonne. È morto a Roma nel 1992.
Horcynus Orca
Horcynus Orca rappresenta a metà degli anni Settanta,
quando la "restaurazione" nella narrativa è più che
evidente, una voce dissonante, la testimonianza del
persistere di un orientamento sperimentalistico (sempre
più minoritario). Prima della lettura di queste pagine non
sarà inopportuno richiamare l'attenzione sull'operazione
linguistica dell'autore, che riesce a creare una lingua
«inusitata e quasi inesistente» (G. Manacorda), basandosi
non solo su un sostrato dialettale siciliano ma anche
sulla lingua colta: questo materiale linguistico viene
però sottoposto a forzature, fusioni, invenzioni per
attingere quella dimensione epico-fantastica che è la
costante di quest'opera. Il testo riprodotto non è
strettamente collegato all'intreccio del romanzo; è
sufficiente sapere che lo scenario è lo stretto di
Messina.
In Horcynus Orca il dato che più immediatamente e
vistosamente colpisce è lo sperimentalismo linguistico,
sul quale abbiamo richiamato l'attenzione nelle note. Ma
bisogna guardarsi dal ridurre Horcynus Orca soltanto a
un'operazione stilistica: si tratta invece, con le sue
milletrecento pagine (un dato non proprio secondario...),
di un'opera di notevole complessità tematica, di un raro
esempio di epos moderno. Impostato su una situazione epica
- il ritorno, il nostos- Horcynus Orca descrive le
vicissitudini di 'Ndrja Cambrìa, nocchiero semplice della
fu regia Marina che, sbandato dopo I'8 settembre 1943,
cerca di ritornare al suo paese sulla costa siciliana e
dalla Calabria deve attraversare lo stretto, lo "scill'e
cariddi". Le realtà che affronta si trasformano, nelle
pagine di D'Arrigo, in una narrazione mitica e simbolica:
le donne che esercitano il contrabbando del sale tra
Sicilia e Calabria diventano "femminisse", "deisse",
divinità di natura ferina; la traversata dello stretto
diventa un viaggio nella memoria dell'infanzia; il ritorno
al paese la scoperta dì un mondo stravolto e deformato,
specie per l'inquietante apparizione sulla riva della
mostruosa Orca. 'Ndrja però non disarma, s'impegna per
riportare quel mondo stravolto all'ordine antico, vuol
costruire una barca da pesca come una volta, partecipa
come capovogatore a una regata; ma durante gli
allenamenti, la sua barca si avvicina troppo a una
portaerei inglese al largo dei porto di Messina, e 'Ndrja,
colpito in fronte da una pallottola, sprofonda «per sempre
nelle tenebre».
La Storia e Horcynus Orca, indipendentemente dal loro
valore letterario, si prestano ad alcune considerazioni
sulle strategie dell'industria culturale negli anni
Settanta. Scrive a questo proposito Alberto Cadioli:
A partire da questi anni [i primi anni Settanta] si
stringe sempre più l'intreccio tra creazione del prodotto
e sua collocazione sul mercato.
Due sono state le strade percorse dall'editoria in questa
direzione: intervenire durante la scrittura (non
necessariamente sul testo) in uno stretto rapporto con
l'autore, e operare poi un grosso battage pubblicitario;
o, a prodotto finito, ridando grande importanza
all'individualità dello scrittore, al suo «lavoro
autonomo», dar vita ad un imponente lancio sul mercato,
con strumenti adottati di volta in volta, adeguati
all'opera e al suo possibile messaggio. Proprio nel 1974
le due strategie vengono puntualizzate con successo, per
Horcynus Orca di Stefano D'Arrigo, nel primo caso, per La
Storia della Morante, nel secondo. [...] L'una e l'altra
opera testimoniano delle modifiche che può subire il
prodotto letterario - la sua fruizione in particolare - di
fronte ad una editoria trasformata nelle sue strutture,
capace di intervenire con forza sul mercato.
Non più, o non solo, peraltro, lanciando un romanzo per il
successo che potrà avere il suo messaggio, consono alla
Weltanschauung dei possibili utenti (come era avvenuto
negli anni Sessanta), ma creando il successo all'esterno
dello stesso testo. Più che l'opera conta in questo caso
la bravura degli uffici stampa e del marketing (i cui
dirigenti, si è detto, provengono sempre più dalle reti
commerciali di aziende di altri settori che non quello
editoriale).
La pubblicazione di testi così differenti e l'analisi
delle tecniche promozionali usate dimostra come ormai
l'industria culturale sia capace di trovare le «ricette
giuste per i diversi livelli del mercato» (Cadioli) e di
precostituire quasi i modi della fruizione dell'opera. Con
La Storia la Morante deliberatamente abbandonava i suoi
moduli raffinatamente letterari e mirava a stabilire una
larga comunicazione: «L'intento di scrivere per le masse
spiega a sufficienza la regressione verso il romanzo
tradizionale» (Cases). II lancio del romanzo è omologo a
questa scelta, è un esempio di perfetta convergenza
autore/editore: il romanzo esce in prima edizione in una
collana economica, ad un prezzo decisamente
concorrenziale, a giugno, «un mese che non ha valore per
la tradizionale stagione dei premi letterari ma che apre
le grandi letture delle vacanze estive», la pubblicità che
lo precede è tutta impostata sulla leggibilità, sulla
"popolarità" dell'opera (testualmente: "Un grande romanzo.
Una lettura per tutti.
Diverse le strategie per Horcynus
Orca. Scrive ancora il Cadioli:
C'è da dire che il destinatario di questo messaggio non
sembra essere il pubblico indifferenziato della Storia, né
quello mid-cult e mass-cult di Love Story. Con Horcynus
Orca si vuole lanciare un best-seller di qualità, e le
mosse di marketing sono conseguenti. Anche la soluzione
del «dibattito critico» si muove in questa direzione.
[...] Non potendo rivolgersi a tutti per la natura stessa
dello stile di D'Arrigo, la Mondadori affianca, al
massiccio sforzo pubblicitario, la solleticazione di
numerose e tempestive recensioni, che non si limitino a
discutere il testo, ma sottolineino il «caso» di un
romanzo scritto in «ventiquattro anni».
La conferma di questo impegno in direzione della stampa,
viene dalla osservazione delle date: prima ancora che il
libro sia uscito, appaiono recensioni e commenti (ad
esempio sul Corriere della Sera, 19 febbraio, o su
Panorama). Horcynus Orca non era un romanzo di facile
lettura: il gridare al capolavoro non poteva di per sé
costituire un'eco intorno al libro. Un'analisi delle
recensioni mostra la ricorrenza di luoghi comuni relativi
allo scrittore « inaccessibile» chiuso in casa per
comporre la «grande opera», e ogni discorso si sposta
quindi dal testo alla descrizione della vita quotidiana di
D'Arrigo («Si alimenta soprattutto con babà al rum»,
Domenica del Corriere; «Non mangiava quasi niente», «per
settimane si è nutrito solo di granite al caffè»,
Panorama, lavora «fino a quattordici ore al giorno»,
Grazia).
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