Analisi opere di Benedetto Croce

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Parliamo di

  Letteratura italiana del Novecento
Autore recensione
Ernesto Codignola

 


Filosofia della pratica
 

È il terzo volume della Filosofia dello spirito. Il Croce ammette due sole forme dello spirito: la pratica e la teoretica, escludendo quella del sentimento. La dualità delle forme non rompe però l'unità dello spirito, il che non implica che l'una forma si debba confondere con l'altra: non esistono scienze pratiche né può esservi errore nel pensiero teoretico, essendo l'errore di natura pratica. Nell'attività pratica la volizione e l'azione sono identiche ma non per questo coincidono con l'accadimento, ossia con il fatto reale, che presuppone il tutto. Ciò che fa della volizione un fatto spirituale è il gusto pratico, che non va confuso col giudizio pratico, che è giudizio storico e suppone l'azione di cui è giudizio e non l'accadimento. L'atto volitivo, infatti, ha valore in se stesso, indipendentemente dall'accadimento o successo. Sì che altro è il progresso dell'azione, altro quello della realtà, nella quale il progresso consiste nel fatto, quale che sia il valore dell'atto dell'uomo che si giudica. Non si può parlare di un'origine storica dell'attività pratica, il giudizio storico essendo unicamente condizionato dalla filosofia pratica, dal concetto che uno si fa della realtà, il che non toglie che abbiano la loro validità la descrittiva pratica, le regole e la casistica. Ma che cosa sono il bene e il male, le passioni e la forza che le agita, i desideri e le ispirazioni? In primo luogo, che cosa sono libertà e necessità nell'atto volitivo? Anzitutto, è errata la distinzione tra libertà di volizione e volontà d'azione: l'azione è reale come atto volitivo e volontà. Questa è necessità e libertà insieme, in quanto da una parte l'atto volitivo non nasce sul nulla, ma sarebbe condizionato da una situazione o realtà storica, dall'altra è libero, in quanto produttivo di nuova realtà. Erronei sono determinismo e arbitrarismo, ed egualmente i sistemi del materialismo e del misticismo in gnoseologia; vero è l'idealismo come dottrina di libertà che è insieme necessità. Il miracolo vero è lo Spirito stesso. La libertà dell'azione è dunque la realtà dell'azione, il bene è libertà e realtà, il male non libertà e non realtà, ossia il male è irreale, nella dialettica dello spirito. Le passioni, i desideri, sono volizioni non realizzate che sollecitano l'individuo, il quale volta a volta opera la sintesi volitiva. L'attività pratica sarebbe pertanto costituita dalla volizione che trionfa delle volizioni. Non libertà di scelta, ma volontà che si fa tale realizzandosi tra passioni e desideri, che non sono volontà. È volontà di volere, e attua così se stessa. Le passioni, intese come abiti volitivi, sono il fondamento dell'individualità e non debbono essere distrutte con l'istituire un'antinomia di anima razionale e individualità. La virtù e il carattere richiedono abiti e passioni. L'universale è nell'individuale, così come si è se stessi essendo, intanto, uomini. Solo a questo patto è possibile l'educazione. La dialettica dell'atto volitivo rivela la natura stessa della realtà, che è svolgimento, progresso, infinita attuazione o spirito. Al pessimismo e ottimismo volgare dobbiamo contrapporre un ottimismo dialettico e virile. Nulla passa nel nulla, nulla rimane tal quale, ma risorge in nuova forma, e la storia si giustifica. La storia, con la quale viene a coincidere la realtà, che è tuttavia superindividuale. Il concetto di esistenzialità nella storia ha quindi origine nella filosofia della pratica. L'esistente è nell'azione, sì che la storia è distinzione tra azioni e desideri, ciò che permette di chiarire l'arte come indistinzione o fantastico schietto, rappresentazione di sentimenti e pura rappresentazione. Le due forme, teoretica e pratica, dello spirito si corrispondono in tutto, mentre costituiscono la totalità dello spirito senza romperne l'unità e senza che vi sia parallelismo, ma circolo, che sarebbe il circolo della realtà, come pensiero ed essere, soggetto e oggetto, in modo però che la vita condizioni la filosofia. Come l'attività teoretica dello spirito si articola in due forme, la forma estetica e quella logica, così l'attività pratica si articola pure in due: la forma economica o dell'utilità e la forma etica. L'economia e l'etica costituiscono il doppio grado della pratica, ma non vanno concepite come coordinate, l'utile essendo al di qua della moralità. La forma economica dell'attività spirituale è oggetto della filosofia dell'economia, la quale non deve confondersi con la scienza dell'economia, fondata sull'empiria anche se a carattere matematico, in quanto riflette su azioni e volizioni come su quantità. La filosofia dell'economia invece si occupa del problema dell'utile, e, come filosofia della pratica, dei problemi circa l'utile e il morale, i cui rapporti non possono essere chiariti se non con la netta distinzione di utile e bene, e con la determinazione di un concetto filosofico dell'utile, contro quello astratto della scienza economica. È così possibile determinare filosoficamente il bene e quindi il principio etico, chiarendosi la forma etica come volizione dell'universale, che è lo spirito stesso. Ma l'atto volitivo può avere per contenuto una serie o classe di azioni: si ha allora la legge. Questa non implica quindi necessariamente la socialità, empiricamente considerata, valendo anche per l'individuo isolato, il quale, filosoficamente, non è mai isolato, la vera società essendo la realtà tutta quanta. Le leggi sono programmi d'azione, dai quali non differiscono per l'elemento costrittivo, la costrizione non avendo senso nella vita dello spirito. Non si agisce in virtù di "forza maggiore", a meno che non si consideri tale la realtà storica nella quale si opera sempre. La volontà è sempre libera. Le leggi individuali, quindi, sono le sole reali. Essendo le leggi atti volitivi non si può parlare di leggi della natura. D'altra parte, poiché non ogni atto volitivo costituisce una legge, non vanno confuse le leggi coi princìpi pratici, che sono lo spirito stesso. È contraddittorio il concetto di un codice eterno o di un diritto naturale, che non sia indicativo di nuove leggi desiderate al posto delle esistenti non più approvate, quando per diritto naturale non s'intenda una vera e propria filosofia della pratica. L'attività giuridica è economica, pur potendo l'attività legislatrice essere anche morale e quindi genericamente pratica, in quanto comprendente le due forme, dell'utilità e della moralità. Questa opera è una delle più significative del pensiero crociano, la più discussa, dopo l'Estetica, in quanto ha suscitato larga eco di consensi e di dissensi, sia per la fondazione che il Croce propone della moralità, sia per il concetto dei rapporti tra utile e morale, sia per la dottrina delle leggi.  

 

Luigi De Bellis