Analisi opere di Benedetto Croce

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Parliamo di

  Letteratura italiana del Novecento
Autore recensione
Giovanni Pioli

 


Filosofia di Giambattista Vico
 

Chiara esposizione sistematica del pensiero vichiano. La prima posizione gnoseologica del pensiero del Vico segna una netta opposizione al cartesianismo dominante. Non si ha scienza se non si coglie attraverso la serie delle cause la causa prima, creatrice. "Causare" la realtà, farla, è anche conoscerla; la "verità" del fatto è la sua creazione: Dio, che crea il mondo della natura e degli uomini, ne ha scienza. In un solo campo della conoscenza la mente umana "opera" come produttrice degli oggetti che conosce: nelle matematiche. Ma gli elementi di queste non sono che "finzioni". Per questo è errore credere che le matematiche possano fondare una metafisica e una fisica a carattere rigorosamente dimostrativo. Questo agnosticismo è però superato nella Scienza nuova: lo spirito umano che "fa" la storia è quello stesso che la pensa e la conosce; la scienza che l'uomo può avere del mondo umano è perfetta quanto la scienza che Dio ha del mondo della natura. La verità del mondo umano è conoscenza dei princìpi e delle leggi immutabili che generano il corso delle nazioni. Ma la conoscenza del "vero", cioè la filosofia, deve fondarsi sulla conoscenza del "certo", dei particolari e temporali aspetti della storia: conoscenza fornitaci non solo dalle scritture degli storici, ma, specialmente per le epoche più lontane da noi, dalle testimonianze che ce ne rivelano i caratteri (lingua, poesia, miti, religione, diritto, monumenti): è questo il compito della "filologia". Il rapporto di filologia e scienza è dunque il rapporto di "certo" e "vero"; la filologia offre il materiale alla filosofia. La Scienza nuova consta di tre ordini di ricerche; filosofiche, storiche ed empiriche; contiene, insieme e frammiste, una filosofia dello spirito, una storia e una scienza sociale. I motivi più profondi e le esigenze più vive del pensiero vichiano precorrono, per gran parte almeno, la filosofia del sec. XIX. Particolarmente feconda è la concezione fondamentale dello spirito come svolgimento, cioè come unità e distinzione di forme. L'uomo è dapprima tutto "senso"; poi "avverte" con animo perturbato e commosso, infine "riflette" con mente pura. Sua prima ragione pratica è la forza, l'arbitrio; poi la legge e la coscienza morale. Più attentamente studiate dal Vico sono le forme spirituali immediate e individualizzanti: nell'attività teoretica, il momento della fantasia, nell'attività pratica il momento del diritto della forza. L'estetica è da considerarsi una scoperta del Vico; col nome di "logica poetica", egli ci dà una teoria dell'intuizione come identità di fantasia e di poesia, di espressione spontanea e di linguaggio. Nella scienza empirica, le forme conoscitive poetica e mitologizzante, e il momento pratico del diritto della forza, vengono identificati con la forma barbarica della civiltà, con le epoche eroiche; il momento della riflessione intellettuale e quello dell'equità giuridica ed etica con la forma di civiltà matura, con le epoche storiche in cui domina la "ragione tutta spiegata". Il concetto di "ricorso" (che pur può sembrare negazione del concetto di reale sviluppo, di progresso) dev'essere inteso nel significato più vero che è implicito nel pensiero vichiano: il circolo eterno dello Spirito deve pensarsi non solo diverso dal moto uniforme, ma continuamente crescente su se stesso, così che la nuova epoca della fantasia e della barbarie sia in realtà arricchita di tutto lo svolgimento dell'intelletto e della civiltà che l'ha preceduta. Il Croce ricostruisce e interpreta con la sua indagine acuta e attentissima l'ideologia vichiana in altrettanti capitoli. Più personale e integrativo è il contributo del Croce nel mostrare l'opposizione del Vico all'indirizzo della cultura dei suoi tempi, e lo svolgimento posteriore del suo pensiero filosofico e storico. La storia ulteriore del pensiero è presentata come un "ricorso" delle idee del Vico. La sua connessione del vero col fatto ricorre nella tesi di Hegel dell'identità di vero e fatto, pensiero ed essere; l'unità di filosofia e filologia, nella sintesi a priori di Kant e nella rivendicazione della storia e nella filosofia storica di Hegel; la limitazione del valore delle matematiche e delle scienze esatte, nel riconoscimento che la loro forza è non nei loro postulati, ma nelle definizioni; la sua "logica poetica", con l'estetica e il collocamento dell'arte tra le pure forme dello spirito; le sue dottrine sul linguaggio, nella interpretazione di esso come libera e poetica creazione dello spirito; la dottrina del mito e della religione, nel riconoscimento, con Hume, che la religione è un fatto naturale, una filosofia rudimentale, sorta come il mito non da arbitrio ma da bisogno e povertà; la critica all'utilitarismo, nella Critica della ragion pratica; la polemica contro il platonismo o il grozianismo di una repubblica ideale o un diritto naturale fuori e sopra la storia, nel riconoscimento che il diritto è corrispettivo all'intera vita sociale di un popolo in un dato momento storico; la "provvidenza" cioè la razionalità e oggettività della storia, nella "astuzia della ragione", o della specie, di Hegel e Schopenhauer, e nella "eterogenesi dei fini" di Wundt. Sono quasi tutte le idee capitali della filosofia idealistica del sec. XIX: mentre di altre si trova nel Vico non il precorrimento ma l'esigenza, non l'addentellato ma la lacuna da riempire, avendosi non più il "ricorso" ma il "progresso", o il riscontro; specie tra le scoperte storiche vichiane e la critica e storiografia del secolo decimonono. Il croce conclude il suo studio, rimasto tuttora fondamentale per la conoscenza del Vico, e che ha molto contribuito alla ripresa degli studi sul Vico e alla divulgazione della Scienza nuova in Italia e fuori, dando di lui la definizione immaginosa: "egli fu né più né meno che il secolo decimonono in germe". Seguono tre appendici: "Intorno alla vita e al carattere di G.B. Vico"; "La fortuna del Vico"; "Cenni biografici".

 

Luigi De Bellis