Analisi opere di Benedetto Croce

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Parliamo di

  Letteratura italiana del Novecento
Autore recensione
Silvio Pellegrini

 


Saggi sulla forma poetica italiana dell'ottocento
 

Sotto questo titolo Benedetto Croce ha raccolto in volume  una serie di scritti sparsi di Cesare De Lollis, pubblicati in vari tempi a partire dal 1904. La serie costituisce un tutto organico, perché retta da un medesimo concetto: la storia letteraria italiana dei primi due terzi dell'Ottocento vi è vista per capisaldi (Leopardi, Berchet, Prati, Tommaseo, Tosti, Mamiani, Regaldi, Carducci, Carrer, Dall'Ongaro, Maffei, Aleardi, Zanella; di scorcio anche Monti e Manzoni) come una specie di conflitto tra forma classica e forma romantica, tra la tradizione di un linguaggio eletto, sostenuto, arcaicizzante, generalizzante e l'aspirazione a un linguaggio realistico, familiare, aderente alla vita moderna, proprio. Ciò non va inteso, è ovvio, nel senso che tali due antagoniste costituiscano definite entità per sé stanti; il De Lollis sapeva molto bene che concretamente esistono solo i singoli poeti, con le loro capacità e deficienze d'arte: che lucidi splendori o opachi orpelli, nell'una forma, calda intimità o pedestre ciottolame, nell'altra, coincidono con la presenza o meno della poesia, sì che nei grandi poeti o nei momenti felici degli scrittori minori le due tendenze si compongono armoniosamente. Ma il De Lollis, filologo, d'una filologia che potrebbe dirsi storicistica, sentiva il difetto di considerare i poeti isolandoli come nel vuoto, l'esigenza di non staccarli dal mondo di relazioni in cui visse il loro spirito; e della tradizione sentiva non soltanto l'importanza storica ma anche il valore morale, "l'impossibilità", come rileva il Croce nella breve avvertenza premessa al volume, "di spezzarla o di saltarvi sopra, la necessità di conservarla sempre, innovando sempre".

 

Luigi De Bellis