Le opere di Giuseppe Antonio Borgese

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Parliamo di

  Giuseppe Antonio Borgese
Analisi opere
 1 Gabriele D'Annunzio
2 Golia, la marcia del fascismo
3 Rubè
4 Poetica dell'unità
5 Storia della critica romantica in Italia
6 Tempo di edificare
7 La vita e il libro
8 I vivi e i morti

 


Golia, la marcia del fascismo
 

Opera di Giuseppe Antonio Borgese (1882-1952), scritta originariamente in inglese fra il 1935 e il 1937 durante l'esilio americano di Borgese, edita a New York nel 1937, e ripubblicata in italiano a Milano nel 1946. Golia intende essere una indagine delle ragioni e dei caratteri del fascismo sullo sfondo delle costanti etico-politiche della storia e della cultura italiana, e, al tempo stesso, una storia del movimento fascista dalle origini fino alla guerra di Spagna. B. fissa in alcune figure e situazioni tipiche i caratteri della storia italiana: in Dante, che viene da lui definito il vero creatore della nazione italiana non soltanto attraverso la formazione della lingua e la coscienza della letteratura, ma anche per la fondazione di alcuni miti tipici, come quello della romanità e quello religioso cattolico; in Cola di Rienzo, donchisciottesco aspiratore alla realizzazione dell'idea imperiale romana (in cui Borgese adombra la figura di Mussolini); in Machiavelli, in cui una precisa coscienza politica si unisce e diviene fondamento di una rinnovata mitologia classicistica, mentre viene proclamato il valore assoluto del successo, ottenuto anche con la violenza e con la frode (e ha intanto inizio l'autodenigrazione militare degli italiani, isterica e vittimistica). Molto felici le pagine sul periodo della decadenza politica: la distruzione di ogni vita sociale, ridotta all'organismo primordiale della famiglia, con la conseguente incapacità italiana al vivere comune; la divinizzazione dei rapporti e dei doveri familiari, fino a creare un'etica particolare, anche in contrasto con l'autentica legge morale; l'assenza di interesse e di impegno politico, nei piccoli stati patrimoniali, dove tutto è intrigo e piccolo machiavellismo. Dopo una rapida considerazione del risorgimento, Borgese affronta la crisi dello stato italiano che precede il fascismo, indicando nel bismarckismo di Crispi, e soprattutto nel sorgere del nazionalismo aggressivo, nell'incontro della retorica nazionalista e nietzschiana di D'Annunzio con i fermenti ciechi della cultura e della borghesia italiana del primo decennio del novecento, i fenomeni tipici di una progressiva distruzione della ragione. Le vicende dell'intervento italiano nella prima guerra mondiale, con gli ondeggiamenti dei nazionalisti fra Germania e alleati, lo spirito imperialista delle rivendicazioni in Dalmazia, i vani tentativi di accordo con gli Jugoslavi durante e dopo la guerra, l'impresa dannunziana di Fiume, le polemiche antiwilsoniane, sono i momenti di lenta preparazione del colpo di stato fascista; e soprattutto nella delineazione della biografia di Mussolini, B. dà prova di quelle doti di narratore efficace e brillante, che costituiscono uno dei pregi migliori dell'opera. Distruzione del mito del pericolo comunista come principale causa della reazione fascista, per il regresso, nel 1922, dei socialisti rivoluzionari; demistificazione della pretesa rivoluzione del 28 ottobre, il momento che la marcia su Roma fu fatta a successo assicurato dall'intervento di Vittorio Emanuele III (di cui B. dà un ritratto spietato e potente), con la protezione delle forze dell'ordine, sempre favorevoli, del resto, alle violenze fasciste; fallimento della dimostrazione militare di Corfù; delitto Matteotti e discorso del 3 gennaio; accordo sapientemente ricercato con la Chiesa cattolica, per ottenerne l'appoggio, sono i punti fondamentali della ricerca di Borgese intorno alla fondazione del fascismo, a cui fa seguito un esame non meno accurato dei modi della dittatura, dei suoi atti, dei suoi fenomeni, del suo costume, della sua azione di asservimento della monarchia, della cultura, della magistratura. L'ultima parte del libro è dedicata al fenomeno fascista in rapporto con la situazione mondiale: l'appoggio generale, dato in tutto l'occidente, a Mussolini e all'ordine instaurato in Italia, le debolezze francesi e inglesi nei confronti della politica aggressiva fascista, soprattutto in occasione della guerra contro l'Etiopia, la formazione di movimenti fascisti in molti altri paesi, col trionfo nazista in Germania; i tentativi di aggressione, dapprima contro la Jugoslavia (con l'assassinio di re Alessandro), poi contro l'Etiopia, l'intervento in Spagna, la probabile guerra mondiale in preparazione (e qui Borgese prevede con acutezza la possibile rovina del fascismo nella sconfitta militare, e una conseguente prevalenza in Italia della Chiesa, come unico potere rimasto in piedi dopo la caduta della dittatura). Le ultime pagine contengono un'appassionata invocazione agli Italiani: ribadita l'interpretazione del fascismo come la somma e l'incarnazione di tutti i miti maligni, le debolezze, le colpe della tradizione italiana, come malattia mortale di uno stato appena formato e minato già da un peso di inganni, di orgogli, di inferiorità di secoli, Borgese incita gli Italiani a lottare per la propria liberazione, non da altri potendo venire la libertà che da loro stessi, come superamento della crisi di maturazione nazionale e vittoria sui difetti e gli inganni antichi. Ottimo esempio di "saggio" secondo il gusto anglosassone, scritto con uno stile vivace, brillante, vigoroso, spregiudicato e anticonformista nella descrizione di personaggi e di eventi della tradizione italiana, il libro mantiene ancora, anche in considerazione del momento in cui fu scritto, una sua validità storico-politica, oltre che letteraria; ed è un esempio raro in Italia di storia narrata al di fuori degli schemi accademici, per rapida e acuta delineazione di personaggi, per racconto incisivo e vigoroso di fatti evocati con un'efficace utilizzazione del gusto giornalistico per gli effetti coloriti, per i contrasti; brillante ma non priva di documentazione accurata.
Giorgio Barbieri Squarotti

 

Luigi De Bellis