Le opere di Corrado Alvaro

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Parliamo di

  Corrado Alvaro
Analisi opere
1 L'età breve
2 Gente in Aspromonte
3 Itinerario italiana
4 Poesie grigioverdi
5 Quasi una vita
6 Racconti
7 Tutto è accaduto
8 L'uomo è forte
9 Vent'anni

 


Itinerario italiano
 

Saggi in tre volumi di cui il primo, che dà il titolo al ciclo, pubblicato a Roma nel 1933 (poi a Milano nel 1941), mentre postumi sono usciti il secondo, Roma vestita di nuovo, Milano, 1957, e il terzo, Un treno nel Sud, Milano, 1958, secondo disposizioni lasciate dall'Alvaro. Il ciclo costituisce un ideale pellegrinaggio attraverso regioni e città italiane nell'intento di svelarne caratteri fondamentali e comuni. Con esso A. ha inaugurato la serie delle sue opere fra saggistiche e narrative sui costumi e le tradizioni del popolo italiano, che costituiscono nel loro insieme un ponte di passaggio tra la frammentarietà dei diari e la struttura della narrativa vera e propria. La sua attenzione va soprattutto alla scoperta di elementi preistorici, naturali, e di altri stratificatisi col tempo, a iniziare dalle più antiche civiltà, che costituiscono, nell'insieme, il prezioso sottofondo delle attitudini della gente italica, fino a toccare poi il quadro della vita moderna con il suo rapido progresso e le sue intime crisi. Così si volge (nel I volume) all'architettura italiana, dalle prime fasi di lavorazione della pietra ("Il marmo") alla topografia tipica delle città medievali tutte costruite in pietra ed escluse dal rapporto con la natura ("Le città di pietra"), all'unità compatta delle costruzioni di Genova ("Colori di Genova"), allo schema squadrato di Torino, città amministrativa e capitale di una monarchia militare ("Torino e l'architettura"), all'architettura monumentale di Napoli ("Civiltà di Napoli"): sono angolazioni diverse per centrare il tema della tradizione popolare dell'arte figurativa e architettonica italiana, misurata sull'uomo e tesa a esprimere un ideale di potenza concreta. Ma anche in altri banchi di prova Alvaro ammira la sanità e la produttività del popolo italiano: può essere nella secolare lotta del contadino padano contro l'invasione del mare ("La bassa"), può essere nell'industriosità con cui Milano assorbe lavoratori di eterogenea provenienza. Questa tradizione di laboriosità e di resistenza trova nella donna-madre la sua personificazione anche fisica: dalle mondine piemontesi ("Il treno delle mondine") la cui prosperità le fa forti e sensuali (madri e amanti insieme), alle donne emiliane ("le forti donne coi forti pensieri, padrone e spose, le donne virili, quelle che capiscono l'uomo e a guardarvi vi fanno ricordare della maternità sovrana, come se non foste mai uscito dall'infanzia", in "I grandi scenari di Mantova"). Eppure, in questa fucina di lavoro che è l'Italia, tutto è visto come rapporto di gerarchia "dall'uomo alla terra, dall'uomo che lavora alla donna che regge, alla bestia che serve: c'è una gratitudine nella fatica comune: a ognuno il suo", dalle forme più chiuse delle Marche ("La Marca all'ombra dei palazzi") a quelle più aperte di Napoli, in cui un espansivo istinto di parentela trabocca sulle pur forti distinzioni di classe e obbedisce a un bisogno naturale di ripartizione delle funzioni più che a una divisione di casta. In Calabria, solidarietà e gerarchia toccano la forma perfetta di dignità e naturalezza e ispirano le pagine forse più sentite che A. ha voluto dedicare alla sua regione natale: qui la forza delle tradizioni tiene unito il popolo intorno al nucleo familiare, il senso della gerarchia rifiuta ogni forma di servilismo, l'amore della libertà riduce spontaneamente l'urgenza dei bisogni: "Questo permette di star fermi, guardare, contemplare, pensare, che è poi la libertà suprema dell'uomo" (tema che torna in "La leggenda del dolce "far niente"" di Un treno nel Sud, in cui dalla volgare indolenza si distingue una forma superiore di contemplazione, come raggiungimento di un momento culminante della vita per l'uomo meridionale). Alvaro ha cercato così di definire le qualità migliori del suo popolo nei limiti (e, talvolta, nelle angustie) dello stato di fatto: egli ne ha sbozzato un'immagine ideale entro i termini della realtà concreta. Ed è questa immagine che si continua nelle pagine del III volume, Un treno nel Sud, interamente dedicate al meridione d'Italia; la critica al presente si fonde anche qui con l'elegia delle tradizioni antiche, la pietà con l'orgoglio di appartenere a una razza provata e forte. In Roma vestita di nuovo, invece, la parte centrale del libro è dedicata alla capitale e, in particolare, alla sua crisi di scomposto accrescimento interpretata come sintomo del decadimento morale dell'intera nazione negli ultimi decenni. Come nei racconti "Parole di notte" (Racconti), Alvaro contrappone la diffusione dei mezzi meccanici e delle forme più standardizzate di cultura-passatempo, il livellamento del gusto e della personalità, al culto del riserbo, del lavoro e dell'intelligenza: e ne ricava pessimistiche riflessioni sugli anni del presunto benessere economico. Il quadro del costume italiano si incrina di umori pessimistici a mano a mano che lo scrittore si avvicina al presente e si rende conto della graduale scomparsa degli antichi valori, cui il costume italiano, pur in mezzo a mille difficoltà, si appoggiava come a un sostrato di altissima civiltà. Ma entro questi limiti di constatazione, risalta implicitamente l'intrinseca suscettibilità di perfezionamento del popolo italiano, proprio in forza delle qualità che esso ha dimostrato di possedere anche in condizioni non sempre agevoli. Il ciclo resta, così, nella giusta misura fra realtà e celebrazione, evitando sia l'astrattezza della critica programmatica sia l'enfasi del panegirico, e ha preluso per queste qualità di equilibrio a molta letteratura di costume dell'ultimo dopoguerra.
Giorgio Pullini

 

Luigi De Bellis