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Il
partigiano Johnny |
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Romanzo di Beppe Fenoglio pubblicato
postumo nel 1968. Va precisato che l'edizione del 1968 è
il risultato della contaminazione fra due diverse e
variamente lacunose stesure dell'autore entrambe afferenti
a un precedente testo, redatto esclusivamente in inglese,
l'Ur partigiano Johnny. Secondo alcuni critici (in primo
luogo Maria Corti) il romanzo o meglio, le due versioni di
esso, sarebbero state scritte la prima non oltre il 1949 e
la seconda non oltre il 1954, mentre altri critici (in
primo luogo De Maria) spostano la datazione al 1957-58,
considerando l'opera una prosecuzione di Primavera di
bellezza, tesi ormai dimostratasi insostenibile. Johnny,
protagonista largamente autobiografico del romanzo, è un
giovane studente che, reagendo alla vuota ridondanza e al
provincialismo "strapaesano" del regime, trova i suoi
modelli nella letteratura e nel mondo inglese: oltre che
adesione alla sobrietà, alla compostezza, all'ironia di
una cultura, è anche adesione a uno stile di vita
costituzionalmente allergico agli eccessi della retorica e
dell'esaltazione eroica, stile che contraddistinguerà
l'accidentato itinerario esistenziale dello scontroso
ragazzo piemontese. Nascostosi in una villetta in collina,
presso Alba, per sfuggire ai rastrellamenti, Johnny matura
dentro di sé una decisione improrogabile: "Non sarebbe più
sceso in città, pensava salendo alla collina nella notte
violetta, se lascerà quella collina sarà soltanto per
salire su una più alta, nell'arcangelico regno dei
partigiani". L'abbandono del protettivo mondo borghese, la
stessa non pienamente consapevole scelta politica,
derivano da un profondo bisogno di verifica sulle proprie
possibilità e i propri limiti: nella guerra, che anche
fisicamente gli ripugna, Johnny cerca se stesso. La vita
partigiana è dura, a volte brutale, spesso monotona ("And
action did not come, che ti scaraventasse giù da quella
cima gradualmente ossessiva, ti liberasse dalla tarlante
insoddisfazione, dalla tetra noia partigiana").
Gradualmente il mito si infrange nell'impatto con la
quotidiana realtà: la necessità degli approvvigionamenti,
delle armi, del coordinamento con gli altri gruppi di
ribelli, le rivalità fra i "rossi", e gli "azzurri", le
requisizioni forzate, i tentativi di contatti con gli
alleati. Ma proprio attraverso l'esperienza diretta della
paura, della solitudine, della fame, anche attraverso gli
episodi snervanti della guerriglia, i sabotaggi, le
scaramucce con i fascisti, le esecuzioni, i difficili
rapporti con la gente estenuata, proprio su quelle colline
dove aveva sognato l'amore, si farà strada in Johnny la
coscienza delle ragioni della lotta che coincide con il
ritrovamento della propria identità personale. I molti e
complessi episodi di questa "cronaca" partigiana (centrale
quello della temporanea presa di Alba) diventano tappe
verso la conquista di una nuova, bruciante, inattesa
solidarietà con gli altri uomini: Johnny, che ha scoperto
impreviste forme di rapporto, di comunicazione con gli
altri, non ha più bisogno di miti. La secca descrizione
dei fatti si arricchisce, si dilata in più vasti
significati e risonanze, acquista una dimensione epica. Il
paesaggio, le immagini delle colline, ci vengono
restituiti con straordinaria vivezza da F. che spesso
mette in sintonia la natura e gli eventi: "Poi si
fissarono al cielo e agli sconfinati suoi specchi sulle
colline, e ogni sguardo era una preghiera, un'imposizione
al mondo di caricarsi di più cupe tinte, per drenare il
cielo e la terra dei colori del giorno". Di fronte
all'euforico incoraggiamento finale del leggendario capo
partigiano Nord all'adunata dei ribelli sopravvissuti allo
sbandamento, le passate privazioni sembrano acquistare un
senso preciso: "E Johnny benedisse l'inverno che aveva
gestato nel suo freddo letale il calore di questo giorno
necessario". La ricchezza semantica della pagina di F.,
l'alternarsi dei registri stilistici, l'originalità
estrema di una scrittura bilingue che innesta
sull'italiano intere frasi inglesi (un inglese
personalissimo altamente espressionistico e liricizzante)
fanno di quest'epopea della lotta partigiana una
perentoria creazione poetica.
Claudia Caffi
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