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Le case |
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Raccolta di novelle. Già il titolo ci
introduce in quel particolare clima dell'arte bettiana
che, compiacendosi d'un crudo, insistito realismo, tende a
scavare nelle povere creature umane, nella loro miseria
terrena, nelle loro case, là dove la vicinanza con altre
creature provoca ancora altra miseria. Sconsolata e amara
era già stata questa curiosità di Betti in una lirica ("Le
case") apparsa in Canzonette- La morte: "S'alzano s'alzano
case quadrate./Mille stanze vi sono murate./In ogni stanza
come in una tomba,/un'immobile lampada ronza". Si è
lontani dallo sfondo storico o dalla natura, in queste
case: qui odio e amore, istinti bassi e improvvise
tenerezze (quasi immediata reazione, d'un'umanità, perduta
o ritrovata) sono soli con se stessi, e l'A. può, con
impietoso sguardo, esaminarli, frugarli. Sono personaggi
posti con implacato realismo di fronte alla loro viltà,
alle loro piaghe morali, alla loro malvagità; ma basta un
attimo, quando pare che il fondo dell'abiezione sia
toccato, perché ognuno si ritrovi e riesca quasi a dare un
ritmo nuovo alla propria esistenza. Tra le cose migliori
di questa raccolta: "Una giornata" (un piccolo impiegato,
nell'aspettare il tram, talvolta si mette a sedere e a
guardare, con un senso di libertà inutilmente cercata, la
gente intorno. Poi rientra nel giro già scontato della sua
vita mediocre); "Gente su una panchina" (un vecchio
ubriaco tornando a casa è seguito da alcuni ragazzi che
gli danno la baia. Arriva il figlio, che senza parlare lo
porta con sé. Siedono su una panchina. Ora e il vecchio
che vorrebbe chiedere al figliuolo, che ha lavorato tutto
il giorno e forse è stanco, se ha qualche dispiacere, e
spiega con affanno che non è poi vero che egli sta male;
il figlio lo ascolta a testa bassa); "Mezzanino, l'uscio a
destra" (una donna riceve di nascosto un uomo che
recalcitra alle tenerezze di lei, debolissima, materna:
finché egli, un povero essere come lei, ne ha
compassione). Deboli, invece: "Afa", "Gatti", "Leone",
"Quelli del terzo", "Un giovanotto che non riesce".
L'ultima novella, "I poveri", vuole essere una specie di
palinodia di questo mondo di creature straziate. L'autore
vi rappresenta una marea di infelici che avanza: un
brigadiere che assiste a questa sfilata si domanda di chi
sia la colpa di tanta miseria, e finisce per accodarsi
anch'egli al tristissimo corteo. La linea narrativa non
impegna molto l'autore; ne risulta un taglio secco che
conferisce al nucleo centrale d'ogni singola novella una
maggiore vibrazione lirica.
Alfredo Barbina
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