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Prima
raccolta di poesie e prose liriche pubblicata nel 1973 in
edizione anastatica a cura di Domenico De Robertis, con
ampia e documentata prefazione di Enrico Falqui.
Consegnata in manoscritto a Giovanni Papini e ad Ardengo
Soffici perché venisse valutata in vista di una possibile,
parziale pubblicazione su "Lacerba", nell'inverno del
1913, andò smarrita e dovette essere interamente
ricostruita dall'A. con notevole sforzo di memoria (come
egli stesso afferma nelle sue lettere) oppure, come è più
probabile, sulla scorta di appunti o di minute in suo
possesso, per dar luogo ai Canti Orfici. Solo nel giugno
del 1971 si ebbe notizia del ritrovamento avvenuto,
casualmente, a opera della moglie di Ardengo Soffici,
nella casa di Poggio a Caiano. Quindici dei diciotto brani
lirici del Più lungo giorno ritornano, alcuni dei quali
con titolo cambiato ma con poche modifiche, nei Canti
Orfici (ed. 1914), "Scirocco serale" con il titolo "Vecchi
versi" e "Amo le vecchie troie" che confluisce in
"Notturno Teppista", furono aggiunti ai Canti Orfici,
insieme ad altre quattro liriche, da Bino Binazzi,
curatore dell'edizione del 1928, mentre il tema e alcuni
versi di "Giro d'Italia in bicicletta", sono ripresi in
"Traguardo" che appartiene al Quaderno pubblicato da
Franco Matacotta nel 1949. La poesia del Più lungo giorno
è la stessa di quella dei Canti Orfici, giocata sulla
tensione verso una purezza mitica e ideale, sullo scontro
con la realtà aspra e misteriosa, su impressioni di suoni
e di luci, su maestose aperture paesaggistiche e
drammatiche e appassionate evocazioni del passato, ma,
rispetto alla più famosa raccolta, la critica ha rilevato
la mancanza della straordinaria capacità concentrativa che
caratterizza le poesie di campana.
Margherita Rossi |