Analisi opere di Benedetto Croce

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Parliamo di

  Letteratura italiana del Novecento
Autore recensione
Carlo Cordiè

 


La letteratura della nuova Italia
 

"Saggi critici" di Benedetto Croce apparsi nella "Critica" dalla fondazione in poi e raccolti in quattro volumi, a Bari, nel 1914-15: due altri furono aggiunti nel 1939-40. Nell'intento di formare un panorama della letteratura italiana, dalla proclamazione del Regno al Novecento, e piuttosto di esaminare con schiettezza posizioni del gusto e contributi d'arte, vengono presentati gli autori più significativi: maggiori, minori e minimi sono studiati con una indipendenza di giudizio che sembrò severa e rivoluzionaria e che ora può apparire persino troppo indulgente dinanzi all'opera del tempo. Dal "tramonto" del Prati all'opera del Rovani e del Bersezio, dal Barrili al Tarchetti, dal Cavallotti al Graf e alla Negri, dal Calandra al Bovio, dal Fogazzaro al Gaeta, il Croce si mostra "lettore" attento a cogliere il bello nella semplicità, rifuggendo da programmi letterari e da astruserie di scuola, diffidente verso tendenze raffinate e troppo astrattamente moderne: in una parola, la sua valutazione è sembrata tipica più nei confronti di una letteratura piccolo-borghese che verso motivi "nuovi" di una letteratura europea, dagli Scapigliati ai Naturalisti, e quindi legata a una particolare tendenza metodologica oltre che a un gusto letterario. Per la stessa confessione dell'autore (si veda la "Licenza" con cui si chiuse il quarto volume) i vari "saggi", senza pretendere di fornire elementi per una storia vera e propria sono polemici, perché reagiscono a tendenze della critica universitaria o di quella militante. Sotto questo aspetto, se molte analisi di autori minori sono rimaste esemplari per la completezza dell'informazione, anche bibliografica, e la vivacità del profilo (per es. per Vincenzo Padula, Vincenzo Giordano-Zocchi o Francesco Montefredini), le pagine più vive della raccolta sono proprio quelle sui maggiori contemporanei, per la chiarezza dell'impostazione critica e la sicurezza della visione complessiva. Esemplari sono i giudizi sul Carducci, schietto poeta della storia, ma debole argomentatore, critico magniloquente e poco originale; sul Verga, possente descrittore di caratteri e di paesaggi, e romanziere capace di trasfigurare in un mondo di fantasia anche i dettami della scuola naturalista: sul D'Annunzio, inteso come un "dilettante di sensazioni" e artefice squisitamente moderno nei suoi stessi accenni di decadente; e poi sul Pascoli e sul Fogazzaro, avversati polemicamente il primo per la sua tendenza al frammento bizantino e alla descrizione episodica, e il secondo per il suo mondo misticheggiante e sensuale. Questi ultimi saggi in particolare, anche se combattuti con asprezza dai fautori di una "nuova" letteratura, hanno contribuito a fissare per la prima volta un giudizio critico vero e proprio, perché condannarono infatuazioni ed esagerazioni: in tale senso le pagine contro il dannunzianesimo e il pascolismo giovarono ad avversare, sotto le tendenze letterarie, diverse posizioni spirituali, aliene dalla serena umanità di chi nei classici d'ogni tempo trova la propria guida. A questo proposito il Croce, riprendendo con le aggiunte dei due ultimi volumi il suo discorso, accanto alla necessità scientifica di completare la sua disamina manifestava "il piacere che si prova nel ritornare col pensiero su uomini e cose della propria giovinezza": da cui le pagine sulla "Marchesa Colombi" e su Luigia Codemo, sul Ghislanzoni e sul Verdinois, sul Pratesi e sul Faldella e fin sul Pinocchiodel Collodi e insieme le presentazioni della Deledda e del Gozzano, e nuovi severi giudizi sulle ultime opere del D'Annunzio e del Pascoli, oltre che sul Pirandello e sul Panzini. Nel complesso i vari saggi mostrano la vigile attenzione di un lettore e, insieme, la prima sistemazione di un vario e spesso diseguale periodo letterario.

 

Luigi De Bellis