Letteratura italiana: Opere di Pasolini

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Parliamo di

  Autori del Novecento italiano: PASOLINI
Analisi opere
 1 Passione e ideologia
2 Poesie
3 Ragazzi di vita
4 Scritti corsari
5 Una vita violenta
6 La meglio gioventù

 


Poesie
 

Antologia di poesie pubblicata nel 1970; la scelta è limitata a tre raccolte: Le ceneri di Gramsci (1957), La religione del mio tempo (1961) e Poesia in forma di rosa (1964); una introduzione e brevi note dello stesso Pasolini racchiudono il volume. Dopo il mito personale - anche linguistico - del Friuli della Meglio gioventù e la conturbata meditazione religiosa dell'Usignolo della Chiesa Cattolica (1958), la poesia di Pasolini approda nelle Ceneri di Gramsci, composto in gran parte dopo l'Usignolo, a un diretto confronto "pubblico" con la storia e l'ideologia, quella marxista da poco scoperta. Il tema del poemetto eponimo è proprio questo: l'atteggiamento di un intellettuale di fronte alla tradizione del pensiero marxista, alla lotta di classe, alla realtà del sottoproletariato, personalmente partecipata e già "oggettivamente" ricostruita nel romanzo Ragazzi di vita. Siamo a uno dei nodi centrali della problematica di Pasolini, alla sua oscillazione, cioè, tra accettazione razionale del marxismo e irriducibile viscerale attrazione per la vita nelle sue naturali, istintuali espressioni, ancora inconsce, al di qua dunque della lotta di classe. Da ciò deriva la sofferenza per la propria contraddizione scandalosa, d'essere per e contro Gramsci, per la speranza e per la disperazione, per e contro, angosciosamente, ogni mutamento fisico e sociale ("Il pianto della scavatrice"): sono inoltre gli anni intorno al cruciale 1956, e i tragici fatti d'Ungheria son ben presenti ("Una polemica in versi"). Non c'è tentativo d'uscire dal dilemma, ma accettazione e scavo della crisi con una volontà lucida di scomporla "logicamente": di qui l'adozione di forme metriche prenovecentesche, come la terzina di endecasillabi a rima alternata, disinvoltamente adattate alla proprie esigenze espressive. Composte in diverse fasi, le poesie della Religione del mio tempo scandiscono un ulteriore delusione morale e religiosa: l'appiattimento borghese neocapitalistico ha sconvolto gli strati sociali, ha ridotto il popolo a massa, a "gregge", la chiesa s'è imborghesita - Gesù è "corrotto" - è diventata "lo spietato cuore dello stato"; d'altra parte perdura la desistenza rivoluzionaria, ogni speranza è morta. S'afferma allora un nuovo atteggiamento di rabbia, di polemica dura e moralisticamente accusatoria. Nella ricognizione, in "Ricchezza", degli oggetti della propria storia personale, la Roma impudica e povera dei quartieri "messicani", ove regna il "sesso, consolazione della miseria" e, sull'altro versante della memoria, la Resistenza, la morte del fratello, rivissute sul filo delle immagini del film Roma città aperta, sono già presenti lo smarrimento e l'incapacità d'uscire dal circolo della pietà, nodi centrali dell'intera raccolta. Il tono vuole innalzarsi, raggiungere punte di sincera retorica, d'accesa invettiva, fino a utilizzare lo schema dell'epigramma per accusare con oratoria anatemizzante Pio XII d'essere il peccatore più grande ("A un Papa"). Nelle ultime poesie di questa seconda silloge, le "incivili", è ammessa infine la perdita di tenuta razionale, l'abbandono alla ferocia del mondo e alla propria rabbia disperata, confessata al glicine, "gemello vegetale", simbolo virgineo funereo dell'anima del poeta ("Il glicine"). Della terza raccolta, Poesia in forma di rosa, è offerta un'ampia antologia che documenta il processo della complessa vicenda psicologica, culturale e poetica di Pasolini; la stessa varietà metrica e stilistica ne è un segno: dalle serie di endecasillabi, non di rado irregolari, senza differenziazioni strofiche, ai versi brevi a ritmo fortemente scandito da interazioni sintattiche, ai brani prosastici, fino agli accorgimenti tipografici per cui i versi di una strofa compongono il disegno di un petalo di rosa ("Nuova poesia in forma di rosa"). Il problema fondamentale del rapporto con la Storia, della salvezza e della posizione personale nella Storia contemporanea, tuttora irrisolto, sospinge ancor più Pasolini nella sua tesa ansiosa oggettività. Non c'è soluzione. Allora ritornano i motivi "antichi", i dati più profondi delle motivazioni personali: la fanciullezza friulana, il rapporto esclusivo e irrimediabilmente condizionante con la madre ("Supplica a mia madre"). L'"abiura" degli anni Cinquanta, il "ridicolo decennio", con tutti i problemi politici e culturali, la delusione della Storia, per cui s'accomunano nello stesso destino livellatore borghesia al potere e opposizione rivoluzionaria, portano ad alleanze ideali più oltranziste, non tanto col sottoproletariato urbano, quanto coi "Negri e gli Ebrei" e i diseredati del Terzo Mondo: è il nuovo mito di una Società che diventerà Natura, di una "Nuova Preistoria" ("Poema per un verso di Shakespeare"). E nel contempo si giunge al ripensamento-ripiegamento sulla propria poesia ormai in stallo, messa in discussione con autoironici dubbi e giudizi distanziati nei confronti dell'ingenuo vittimismo del passato ("La realtà", "Pietro II", "Una disperata vitalità"). Il confronto tra il poeta d'un tempo e quello presente implicherebbe, a quarant'anni, l'assunzione di un atteggiamento più maturo da "poeta-padre" ("Frammento epistolare, al ragazzo Codignola"); ma dopo la panoramica della letteratura presente nelle litanie "in forma di rosa", non rimane che interrogarsi sulle opere future: qualunque cosa siano, saranno segnate - Pasolini ne è certo - da un destino di opposizione, solitaria, sofferta, martirizzata ("Progetto di opere future"), in cui è in definitiva identificata la propria funzione d'intellettuale. La convinzione che la letteratura contemporanea sia estranea alla realtà, che "la realtà reale non ha poeti", e che la propria vena è "inaridita e superata" non impediscono, anzi invitano ancora al recupero commosso della gioventù partigiana e al tono profetico e parenetico, vagamente anarchico, con cui Pasolini invita a esorcizzare i simboli del capitalismo onnivoro, fagocitatore anche dell'opposizione.
Giorgio Bertone

 

Luigi De Bellis