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Passione e ideologia |
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Scritti di critica letteraria coprenti
il decennio 1948-1958, pubblicati nel 1960. Due lunghi
saggi erano stati composti come prefazioni ad altrettante
opere antologiche: il primo, La poesia dialettale del
Novecento (1952), è un "excursus" panoramico della
produzione dialettale contemporanea divisa per aree
regionali, da quella napoletana di Di Giacomo a quella
friulana dello stesso Pasolini e alla sua "Academiuta di
Lenga Furlana"; fitto di nomi e informazioni
bibliografiche, lo studio, non privo di confessate
influenze continiane, è una riflessione di poetica,
l'attestato della propria convinta, nostalgica attrazione
per il dialetto come lingua artistica da recuperare nella
sua larghissima disponibilità espressiva. Il secondo, La
poesia popolare italiana (1955), è in certo modo la
prosecuzione del discorso precedente: dopo un'erudita
disamina del problema dell'origine della poesia popolare,
Pasolini
conclude che essa nasce come prodotto del rapporto tra due
classi sociali, una dominante l'altra dominata, come
risultato dell'iniziativa sia di un individuo sia di un
gruppo che appartenga alla seconda e acquisisca i dati
culturali e stilistici della prima. Poesia colta e poesia
popolare attengono dunque a un solo tipo di cultura. In
questa prospettiva che rimane una costante del pensiero
pasoliniano, è analizzata la produzione popolare italiana,
la poesia folclorica e i canti militari. Altri saggi
apparvero, anche occasionalmente, su riviste, soprattutto
su "Officina" e "Nuovi Argomenti"; molti sono brevissime
schede su autori novecenteschi come gli scritti su Bassani
(1952), Clemente (1952), Caproni (1954), Saba (1954),
Firpo (1956), Volponi (1956), Montale (1957), Cirese,
Rebora, Sbarbaro, Barile, Solmi, Luzi, Parronchi (tutti
del 1957), Fortini (1958). Dei rimanenti articoli, meno
brevi e più esplicitamente impegnati a enucleare la
propria poetica tra i due poli della "passione" e
dell'"ideologia" fondamentale è quello su Pascoli (1955)
che inaugura "Officina" (1955); un Pascoli tra
l'"ossessione" che tende a fissarlo patologicamente uguale
a se stesso e lo "sperimentalismo" che tende a rinnovarlo
di continuo. Secondo Pasolini
il poeta romagnolo prefigura buona parte della poesia
novecentesca dai crepuscolari agli ermetici, Ungaretti,
Montale, come pure la poesia media dialettale del primo
Novecento. Con gli altri saggi, Osservazioni sulla
evoluzione del Novecento (1954), La confusione degli stili
(1957), Il neosperimentalismo (1956), La libertà
stilistica (1957), Gadda (1958), Pasolini
sviluppa le sue tesi in polemica con la linea "monolinguistico-petrarchesca"
dominante nella letteratura italiana in favore di quella "plurilinguistico-dantesca",
in polemica pure con il neorealismo per il suo sostrato
ideologico confuso e gli esiti lirico-religiosi, prendendo
così le distanze nei confronti delle correnti poetiche
dominanti negli anni Cinquanta.
Giorgio Bertone
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