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Il re
pensieroso |
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Raccolta poetica di Ugo Betti pubblicata
a Milano nel 1922. Il motivo centrale (non privo di
suggestioni simboliste e crepuscolari) è un meraviglioso
mondo fiabesco popolato di cavalieri, fate, re e
principesse che si muovono in castelli superbi e in
giardini con cigni e fontane, sotto un cielo ingioiellato
di stelle. Il poeta guarda con occhi di bambino che
s'incanta, che gioca - talora con un certo compiacimento -
con suoni immagini e colori: "Tu guardi, come in un sogno
/ le castella / fatate e le chimere / create dal tuo
cavaliere / con le tenebre e con le stelle!" ("Le
stelle"). Si combinano in questo fantasticare l'andatura
popolaresca e quella da ballata romantica ("Chi batte ai
palazzi di marmo sanguigno? / Sono i mercanti dagli occhi
verdi. / Sono i mercanti dagli occhi verdi, / ognuno porta
un chiuso scrigno". "Tramonto"), il gusto del linguaggio
parlato e del dialogo, l'esilità d'una vena lirica che
predilige accenti morbidi ("A notte, le raganelle /
cantano la serenata per le piccole stelle. I balconi si
schiudono / perché la notte è mite, e qualcuno si oblia /
ad ascoltare quello che voi dite / alle piccole stelle, /
o raganelle / malate di malinconia!" "La primavera"),
l'amore per le facili insistenze e per le reiterazioni, le
comparazioni e le analogie in cui domina lo scintillio di
oggetti preziosi ("E poi la prima lampada brilla! / E come
una preziosa veste / il fango per le vie nere scintilla! /
Tutte le sere la città di ferro s'ingioiella per le sue
feste! / Si mette sul cuore / croci di splendore / si
mette bei fermagli / qualcuno verde, qualcuno giallo /
spalanca ogni suo scrigno / d'acciaio e di cristallo." "La
città di ferro"). Tra le pieghe di questa favola magica è
facile avvertire, però, l'esigenza sofferta di un rifugio
dall'inquietante incombere della realtà, il desiderio di
una evasione da un senso desolato dell'esistenza, del
quale non si riesce a trovare tuttavia l'intima ragione.
Allora la poesia è come attraversata da momenti di
sgomento e da visioni di morte: "Forse, nell'ombra, /
sentirò sospirare piano piano... / e incontrerò gli occhi
dei ritratti, / che fanno paura... / Vedrò le mani dei
morti, che chiamano, / che chiamano, dalla tela scura!"
("La casa morta"). Motivi, questi ultimi, che saranno
predominanti nella produzione successiva di B., e non solo
in quella poetica.
Alfredo Barbina
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