Le opere di Ugo Betti

   Home        

 

Parliamo di

  Ugo Betti
Analisi opere
 1 L'aiuola bruciata 
2 Canzonette - La morte
3 Le case
4 Corruzione al palazzo di giustizia
5 Delitto all'isola delle capre
6 Il diluvio
7 Frana allo scalo nord
8 Il re pensieroso
9 La regina e gli insorti

 


Il re pensieroso
 

Raccolta poetica di Ugo Betti pubblicata a Milano nel 1922. Il motivo centrale (non privo di suggestioni simboliste e crepuscolari) è un meraviglioso mondo fiabesco popolato di cavalieri, fate, re e principesse che si muovono in castelli superbi e in giardini con cigni e fontane, sotto un cielo ingioiellato di stelle. Il poeta guarda con occhi di bambino che s'incanta, che gioca - talora con un certo compiacimento - con suoni immagini e colori: "Tu guardi, come in un sogno / le castella / fatate e le chimere / create dal tuo cavaliere / con le tenebre e con le stelle!" ("Le stelle"). Si combinano in questo fantasticare l'andatura popolaresca e quella da ballata romantica ("Chi batte ai palazzi di marmo sanguigno? / Sono i mercanti dagli occhi verdi. / Sono i mercanti dagli occhi verdi, / ognuno porta un chiuso scrigno". "Tramonto"), il gusto del linguaggio parlato e del dialogo, l'esilità d'una vena lirica che predilige accenti morbidi ("A notte, le raganelle / cantano la serenata per le piccole stelle. I balconi si schiudono / perché la notte è mite, e qualcuno si oblia / ad ascoltare quello che voi dite / alle piccole stelle, / o raganelle / malate di malinconia!" "La primavera"), l'amore per le facili insistenze e per le reiterazioni, le comparazioni e le analogie in cui domina lo scintillio di oggetti preziosi ("E poi la prima lampada brilla! / E come una preziosa veste / il fango per le vie nere scintilla! / Tutte le sere la città di ferro s'ingioiella per le sue feste! / Si mette sul cuore / croci di splendore / si mette bei fermagli / qualcuno verde, qualcuno giallo / spalanca ogni suo scrigno / d'acciaio e di cristallo." "La città di ferro"). Tra le pieghe di questa favola magica è facile avvertire, però, l'esigenza sofferta di un rifugio dall'inquietante incombere della realtà, il desiderio di una evasione da un senso desolato dell'esistenza, del quale non si riesce a trovare tuttavia l'intima ragione. Allora la poesia è come attraversata da momenti di sgomento e da visioni di morte: "Forse, nell'ombra, / sentirò sospirare piano piano... / e incontrerò gli occhi dei ritratti, / che fanno paura... / Vedrò le mani dei morti, che chiamano, / che chiamano, dalla tela scura!" ("La casa morta"). Motivi, questi ultimi, che saranno predominanti nella produzione successiva di B., e non solo in quella poetica. 
Alfredo Barbina
 

 

Luigi De Bellis