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IL NOVECENTO
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LA POESIA NEOREALISTICA
Proprio negli anni in cui
maggiormente trionfava
l’Ermetismo si levarono le prime
voci di dissenso contro
l’ambiguità ed il solipsismo
degli ermetici. Ad esempio nel
1936 Cesare Pavese pubblicò la
sua prima raccolta di versi,
“Lavorare stanca”, in cui, con
poesie-racconto accessibilissime
a tutti, affrontava il tema
della infelicità umana ma così
come era sentita dall’uomo
comune alle prese con i problemi
della disoccupazione,
dell’emigrazione, della
emarginazione imposta dalla vita
convulsa della città, ecc.
Leggiamo una strofa de “I mari
del Sud”:
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Vent'anni è stato in
giro per il mondo.
Se ne andò ch'io ero
ancora un bambino
portato da donne
e lo dissero morto.
Sentii poi parlarne
da donne, come in
favola, talvolta;
ma gli uomini, più
gravi, lo scordarono.
Un inverno a mio padre
già morto arrivò un
cartoncino
con un francobollo
verdastro di navi in un
porto
e auguri di buona
vendemmia. Fu un grande
stupore,
ma il bambino cresciuto
spiegò avidamente
che il biglietto veniva
da un'isola detta
Tasmania
circondata da un mare
più azzurro, feroce di
squali,
nel Pacifico, a sud
dell'Australia. E
aggiunse che certo
il cugino pescava le
perle. E staccò il
francobollo.
Tutti diedero un loro
parere, ma tutti
conclusero
che, se non era morto,
morirebbe.
Poi scordarono tutti e
passò molto tempo. |
D’altra parte, come abbiamo già
detto, lo stesso Quasimodo,
nella seconda fase della sua
attività poetica, si era
accostato di più ai problemi
generali dell’uomo contemporaneo
e si era distaccato in maniera
rilevante dall’ambiguità
dell’espressione ermetica. E
così andavano facendo anche
altri poeti ermetici, come il
Luzi ed il Sereni. Comunque è la
formula del Pavese che avrà un
seguito, specialmente negli anni
del secondo dopoguerra, quando
nel cinema e nella narrativa si
andava affermando il movimento
del neorealismo. Il più
rappresentativo esponente della
poesia neorealistica fu,
inizialmente, Rocco Scotellaro
(“E' fatto giorno”, 1954),
seguito poi da personaggi di
maggior rilievo, come Gianni
Scalia, Roberto Roversi,
Francesco Leonetti, Franco
Fortini e, maggiore di tutti,
Pier Paolo Pasolini, che
all’impegno civile (di
ispirazione marxista e
gramsciana) aggiunse una sorta
di “sperimentalismo polemico e
rivoltoso” (secondo la
definizione del Ferretti) che
esplicò soprattutto in campo
linguistico. Del Pasolini poeta
ricordiamo: “Le ceneri di
Gramsci” (1957), “L’usignolo
della Chiesa cattolica” (1958),
“La religione del nostro tempo”
(1962), “Poesia in forma di
rosa” (1964) e “Transumanar e
organizzar” (1970).
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