Letteratura italiana: Opere di Fenoglio

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Opere
Il partigiano Johnny
Primavera di bellezza
Una questione privata
I ventitre giorni della città di Alba
La malora!

 


Primavera di bellezza
 

Romanzo di Fenoglio pubblicato nel 1959, dopo che l'autore aveva già dato alle stampe I ventitré giorni della città di Alba e La malora (1954). L'opera narra le vicende militari di Johnny, giovane intellettuale anglofilo fresco di liceo, durante la seconda guerra mondiale fino alla fuga dopo l'otto settembre e alle prime battute della guerriglia partigiana in cui egli troverà quasi subito la morte. L'autore è certamente riconoscibile in questo piemontese "alto e asciutto", chiamato alle armi a metà degli studi intrapresi per diventare professore di lingua e letteratura inglese, le cui vicissitudini sono narrate, con stile profondamente diverso, in un altro fondamentale romanzo di F.: Il partigiano Johnny. Attraverso l'esperienza personale del giovane, che segue un corso per allievi ufficiali a Moana, lo scrittore mette in evidenza con sferzante ironia che spesso raggiunge momenti di autentica, immediata comicità, le assurdità, le incongruenze, i disagi della vita di caserma regolata da una ferrea quanto vuota e inutile disciplina imposta da astiosi sergenti e tenenti che sfogano sugli allievi il loro fallimento, le loro molte frustrazioni e manie. La vacuità della preparazione soprattutto atletica è confermata quando il maggiore viene sostituito dal capitano Vargiu che decurta la ginnastica esaltando la topografia. "Alla fine del corso vennero nominati caporali, tutti... Corsero ai tavoli unti di rancio e, gomito a gomito, scribacchiarono a casa che erano caporali del Regio Esercito". Giunge il trasferimento a Roma, ma nemmeno lì "vissero da soldati, continuarono l'ordine chiuso e la teoria". La situazione non cambia neppure dopo il bombardamento di Roma, la "morte per sincope" dell'urbe. Continua l'usuale, deprimente vita di caserma, fatta dei soliti divieti, ordini e manovre, e tanto più intollerabile quanto più accentuata è la coscienza dell'assurdità della guerra che, nel generale sbandamento, diventa una tragica farsa. Tutto lo squallore e la miseria della situazione emergono con l'otto settembre; dopo l'armistizio firmato da Badoglio, l'arroganza, la severità formalistica, il conclamato ardimento dei superiori fascisti si dissolvono nel nulla ed essi rivelano la loro meschinità, la loro vigliaccheria scappando per primi. Anche la tanto vantata potenza dell'esercito italiano è finita in una bolla di sapone. Tutti fuggono verso casa con abiti borghesi. Johnny riesce miracolosamente a raggiungere il Nord, il Piemonte, dove però, anziché far ritorno in famiglia si unisce a un gruppo di soldati ribelli che hanno fatto stanza a Garisio, agli ordini del capitano Solari. Non si possono ancora dire veri partigiani: il capitano è un soldato in tutto e per tutto, fedele al re per il quale solo continua a combattere. "Non è quello che mi aspettavo - dice uno dei suoi uomini - ma è un puro e al momento non c'è di meglio". Chiara è comunque in tutti la consapevolezza che "questo non sarà un fatto di militari". Nessuno di questi "ribelli" potrà seguire fino al suo esito vittorioso la lunga guerriglia partigiana: morranno tutti, compreso Johnny, al primo scontro col nemico. Attraversando il prisma della sobria ironia di F. l'asciutta cronaca degli eventi si diffrange in una scrittura di grande incisività, esemplare di uno stile ironico e oggettivistico così distante da quello liricamente rarefatto che caratterizza Il partigiano Johnny.
Rita Castello

 

Luigi De Bellis