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Salvatore Quasimodo |
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Salvatore Quasimodo nacque a Modica
(Ragusa) nel 1908. Compiuti gli studi medi in Sicilia, nel
1919 si trasferisce a Roma, dove si iscrive al
Politecnico. Interrompe presto gli studi per problemi
economisti e comincia a lavorare (vari impieghi:
disegnatore tecnico, commesso, ecc.); intanto studia le
lingue classiche da autodidatta. Nel 1926 si impiega
presso il Genio Civile e si trasferisce a Reggio Calabria.
Nel 1929 sì trasferisce a Firenze, dove Elio Vittorini,
suo cognato, lo introduce negli ambienti letterari. L'anno
dopo pubblica Acque e terre. Nel 1931 si trasferisce a
Imperia dove conosce Sbarbaro, nel 1934 a Milano. Del 1936
è la raccolta Erato e Apóllion.
Nel 1938 si licenzia dal Genio civile e comincia a
lavorare nell'editoria. Collabora a «Letteratura» e a
«Corrente», per le cui edizioni pubblica nel 1940 le
traduzioni dei Lirici, l'opera sua oggi considerata più
importante, che subito suscita vivaci clamori. Per chiara
fama l'anno dopo è nominato professore di letteratura
italiana al Conservatorio di Milano, cattedra che terrà
fino alla morte.
Gli anni successivi, che lo vedono collaborare a vari
quotidiani e periodici, sono scanditi essenzialmente
dall'uscita delle altre raccolte poetiche: Ed è subito
sera (1942, raccoglie la precedente produzione); vari
volumi di traduzioni (dai Vangeli, da Catullo, da Omero);
La vita non è sogno (1949); Il falso e vero verde (1956);
La terra impareggiabile (1958); Dare e avere (1966).
Ottiene vari riconoscimenti che culminano
nell'assegnazione del premio Nobel nei 1959, che suscita
però vivaci polemiche in patria. Negli ultimi anni
continua l'attività di traduttore, compie viaggi
all'estero per tenere conferenze; riceve la laurea honoris
causa dall'Università di Messina nel 1960 e, da quella di
Oxford nel 196?. Muore a Napoli per emorragia cerebrale
nei 1968.
La stagione ermetica
Fiancheggiatore più che caposcuola dell'ermetismo,
Salvatore Quasimodo affronta come tema privilegiato la
pena del vivere dell'uomo moderno, trovando nelle memorie
dell'infanzia e nel fascino perpetuo della terra materna -
una Sicilia densa di echi della grecità - al tempo stesso
un motivo di consolazione e una misura del proprio dolore.
I testi - Ed è subito sera (dalla raccolta Acque e terre,
1930), Oboe sommerso (dalla raccolta omonima del 1932) e
Che vuoi, pastore d'aria? (dalla sezione Nuove poesie
della complessiva raccolta Ed è subito sera del 1942) -
testimoniano in modo esemplare questa prima fase della
poesia di Quasimodo, che nel dopoguerra si volgerà invece
decisamente ai temi dell'impegno civile.
Ed è subito sera
E' forse la lirica più nota di Salvatore Quasimodo. Lirica
di sapore ancora vagamente ungarettiano e certo
pre-ermetico, per la brevità e la sostanziale trasparenza
del dettato, essa pone sul limitare della prima raccolta e
poi di tutta l'opera il tema della solitudine e della
transitorietà dell'esistenza umana, che ritornerà anche in
seguito con diversi accenti e diversa densità di
linguaggio metaforico.
Oboe sommerso
Esemplìfìca in modo forse estremo il linguaggio
oscuramente analogico del primo Quasimodo che avrà ampie
zone di contatto con quello del successivo ermetismo
fiorentino (i versi della raccolta cui Oboe sommerso dà
titolo sono del 1930-1932). Comune denominatore alle due
esperienze è la matrice simbolista e surrealista. Non è
qui il caso di insistere sulle diversità (di spirito e
contenuto, prima che di linguaggio), che ruotano
soprattutto attorno all'assenza in Quasimodo di un'ansia
metafisica paragonabile a quella degli ermetici più
autentici.
L'oscurità del linguaggio attirò anche strali polemici al
poeta, tanto che un De Robertis poté parlare di «una
finzione di profondi sensi, che diventano nonsensi»; ma è
anche vero che proprio la funzione di mediatore di
esperienze straniere estreme, sapientemente mescolate a
materiali nostrani (da reperti di gusto neoclassico, al
simbolismo dannunziano, a certe cadenze ungarettiane)
contribuì a costituire quella fortuna del poeta e ancor
più dei suoi modi stilistici (Mengaldo li vede alla base
«della koinè dell'ermetismo minore"), che solo in tempi
recenti è veramente declinata. Tutto è criptico in Oboe
sommerso, tutto deve essere intuito o indovinato, sulla
scorta dell'eco che le parole nettamente scandite e
lungamente assaporate (e sempre ricercate) portano con sé,
e dell'esile trama delle suggestioni foniche e timbriche
(«Un òboe gelido risillaba / gioia di foglie», «Ali
oscillano in fioco cielo, / labili», «il cuore
trasmigra... gerbido... giorni... maceria» ).
Che vuoi, pastore d'aria?
Viceversa è un testo assai meno criptico e in definitiva
assai più sobrio ed equilibrato nell'uso della
strumentazione retorica, pur densa di calcolati artifici
(soprattutto ricercate corrispondenze analogiche). Esso
propone componenti tra le più tipiche della poesia
quasimodiana: la Sicilia trasfigurata in un'atmosfera
arcana e densa di memorie mitiche; la personale
inclinazione del poeta a cogliere le misteriose vibrazioni
del paesaggio; I'assolutizzazione di un evento
contingente, caricato di sacralità ("a un certo punto" -
scrive Gioanola - "il suono del corno diventa grido che
chiama i morti, in un clima di sacralità che coinvolge,
completamente il soggetto del poeta"); il senso di
solitudine (l'essere diviso dagli altri proprio per la sua
sensibilità e per la sua storia personale: qui dalla donna
che rimane irrimediabilmente estranea al magico fascino dì
un mondo per il poeta denso dì memorie e significati).
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