Letteratura italiana: Analisi del Novecento

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  Letteratura italiana del Novecento
OPERE
Con me e con gli alpini
Ragazzo
Resultanze in merito alla vita e al carattere di Gino Bianchi

 


Ragazzo
 

Rappresenta con Il mio Carso di Scipio Slataper, Frantumi di Giovanni Boine, Trucioli di Camillo Sbarbaro, uno dei più significativi esempi del frammentismo vociano che, rifiutando la narrazione distesa, il "continuum" del racconto e del romanzo, cercava di esprimere una realtà frantumata in attimi, in oggetti, isolandone le immagini attraverso l'efficacia impressionistica e l'essenzialità di un linguaggio scarno, ma pregnante e arricchito da un intenso scambio tra poesia e prosa. In Ragazzo Jahier narra della propria fanciullezza, della famiglia, della sua vita di allora. Il primo capitolo è dedicato alla figura del padre e alla sua tragica morte: egli si uccise oppresso da senso di colpa per l'adulterio commesso. L'autore ci dà di questo pastore valdese l'immagine di un uomo di intransigente e rigidissima moralità, che tenta di vivere nell'esempio della Bibbia; la sua relazione con una donna "di fuori come quelle che si legge di nascosto nei libri" costituisce una macchia indelebile. Il momento più triste e angoscioso è per la famiglia il trasferimento dal paese montano in una piccola, grigia città "ferma, che libera alle strade tra praterie scrofolose i suoi ex contadini scontenti a salario quindicinale, le sue donne soldato...". In antitesi con la purezza e la sanità della montagna, la città diventa per il protagonista il luogo stesso del peccato, della corruzione, della solitudine dove il padre non può espiare in altro modo che con il suicidio. Le condizioni economiche della vedova e dei sei figli sono ora estremamente precarie, tanto che a Jahier tredicenne il mondo appare "già tutto fatto di negazioni": non poter seguire la moda, dover vestire con abiti trasmessi dai più grandi ai più piccoli, non poter partecipare al tirassegno troppo costoso, ma soprattutto non poter rivelare la propria ammirazione e devozione per la figlia di un signore ricco e pio, magnanimo benefattore, che però ritiene scandaloso che "un orfano con cinque fratelli minori manifesti delle tendenze alla leggerezza ed alla sensualità". Per il ragazzo è un periodo di grande irrequietezza, fatto di tante domande, di molte e nuove scoperte soprattutto legate al sesso che si connota ancora fortemente di un senso di peccato e di tabù ("dietro le sue spalle ribelli ci sono le donne calviniste coi capelli lisci spartiti intorno al viso austero; ci sono i pastori che s'alzavano sul pulpito rigidi nella toga nera..."). Simbolo della proibizione è la severa figura materna paragonata a "un capitano che non può tener conto se il soldato dormente in garitta è innamorato". Ma egli riceve finalmente dalla madre un incarico di grande responsabilità: andare a comperare di là dalla collina la provvista settimanale di carne, franca di dazio forese. Egli riesce a guadagnare qualche soldo svolgendo i componimenti dei compagni di classe meno bravi e potendo così, pur se con molti rimorsi, comprare i tanto sospirati Canti del Leopardi. I due capitoli finali sono dedicati al paese dove il protagonista torna per le vacanze estive. Con grande vivacità d'immagini J. descrive le gioie e i divertimenti che il vivere all'aria aperta può dare a un ragazzo di città: ma tutta la vera positività della campagna viene riassunta nella figura dell'Oncle Barthélémy da cui imparare che la realtà dei campi è fatta di lavoro, di fatica e spesso di povertà. È la medesima, dura condizione che lo scrittore ritrova tornando ormai adulto negli stessi luoghi dove tutto ora gli appare cambiato, travolto dal tempo. Solo le montagne sono quelle di sempre: alte, fredde, nere, sembrano respingere l'uomo di città "deridendo la suola che sdrucciola agli scalini delle mulattiere".
Rita Castello

 

Luigi De Bellis