Letteratura italiana: Analisi del Novecento

   Home        

 

Parliamo di

  Letteratura italiana del Novecento
OPERE
Con me e con gli alpini
Ragazzo
Resultanze in merito alla vita e al carattere di Gino Bianchi

 


Resultanze in merito alla vita e al carattere di Gino Bianchi
 

Prima opera di Piero Jahier pubblicata nel 1915. Dedicato "agli impiegati ancora uomini agli uomini non ancora impiegati", il libro si apre con una lettera accompagnatoria in cui l'autore analizza e chiarisce quello che sarà l'argomento dell'"inchiesta": la condizione impiegatizia attraverso l'esperienza privata del signor Gino Bianchi. Jahier espone i presupposti teorici dell'impiegato tipo, enuncia i principi e le aspirazioni dell'"uomo amministrativo", "spersonalizzato, disumanizzato, disintelligenzato". L'autore si ribella alla meschina etica "dello scarso guadagno sicuro" che impronta a suo parere la monotona, meccanica vita del pubblico impiegato. Di tale sistema di vita Gino Bianchi è esempio emblematico. La sua esistenza, a partire dal 1° maggio 1893 quando è nominato impiegato stabile delle Strade Ferrate Meridionali, è esaminata dallo scrittore, sia per tappe fisse ed esemplari (matrimonio, figli, relazioni con gli altri, carriera) sia attraverso tutta una serie di gesti, pensieri, discorsi ricorrenti che l'autore doveva conoscere da vicino essendo anch'egli impiegato nelle ferrovie. Questa esasperante routine viene infine riassunta in un "Prospetto grafico che permette di seguire la vita di Gino Bianchi in qualsiasi momento". Fuori da questo prospetto rimangono i giorni festivi durante i quali il protagonista adempie al collaudato rituale delle passeggiate con la famiglia. Nella seconda parte: "Trittico: gioia burocratica riforma burocratica morte burocratica", l'autore descrive le rivendicazioni dell'ottava, quinta e terza categoria impiegatizia unite verso un unico obiettivo: avere di più dando possibilmente di meno. A Jahier "piace immaginare" anche se non può "garantire che questa cosa impossibile sia veramente accaduta", che il governo abbia respinto le richieste minacciando una riforma volta ad abolire le assunzioni di personale e le promozioni. La riforma si riduce poi all'ordine di trasferimento di alcuni impiegati, provvedimento che provoca il malcontento generale così che l'ordine viene revocato e gli impiegati ritrasferiti, mentre emerge una nuova necessità: lo straordinario. Fin qui l'inchiesta è stata condotta dall'A. con un tono impersonale e distaccato, teso a filtrare, a nascondere dietro l'ironia la propria esperienza privata; da tutta la narrazione, traspare però continuamente il disprezzo per la condizione burocratica e l'amarezza nel vederla considerata condizione degna di assurgere a fondamento della civiltà democratica. Il filtro ironico viene abbandonato nell'ultima parte, "Ritratti d'impiegati d'officina", di cui vengono messe in luce l'alienazione, la frustrazione, la nevrosi che deriva dal proprio lavoro non solo all'impiegato, ma anche all'operaio. A questa progressiva disumanizzazione della "classe cittadina" a opera della "evoluzione burocratica della civiltà democratica" Jahier contrappone nella lettera accompagnatoria la realtà contadina ben più precaria e difficile, ma tanto più vera, coraggiosa e umana. A conclusione del libro, di contro alla piatta figura dell'impiegato nevrastenico, viene proposto il "Ritratto dell'uomo più libero" che scopre al posto di "abitudini polverose... la più sfrenata passione", che rivendica il "diritto al più acuto disperato grido di gioia - se siamo poveri, se siamo deboli, se siamo tristi".
Rita Castello

 

Luigi De Bellis