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Vittorio
Sereni nasce a Luino, sul Lago Maggiore, nel 1913. Si
trasferisce con la famiglia prima a Brescia, poi a Milano,
dove si laurea in Lettere con una tesi su Guido Gozzano e
dove stringe amicizia con gli allievi dei filosofo Antonio
Banfi (Faci, Anceschi, ecc.) e frequenta altri poeti e
letterati: Solmi, Quasimodo, Sinisgalli, Gatto, Bo e
altri. Dedicatosi all'insegnamento, nei tardi anni Trenta
collabora con le riviste d'area ermetica: «Il
Frontespizio», «Letteratura», «Campo di Marte» e
«Corrente», per le cui edizioni pubblica nel 1941 i versi
di Frontiera (il titolo allude alla collocazione del paese
natale, al confine tra Italia e Svizzera, e di qui alla
divisione dell'Europa in guerra, ma anche alla conradiana
"linea d'ombra"). Richiamato sotto le armi, nei 1943 viene
catturato sui fronte siciliano e di qui trasferito nei
campi di prigionia di Orano e di Casablanca. Rientrata in
paria alla fine della guerra, riprende l'insegnamento
(fino al 1952), poi entra nell'ufficio stampa della
Pirelli, quindi passa alla Mondadori in qualitą di
direttore letterario. Frattanto nel 1947 ha pubblicato i
versi del Diario d'Algeria, ispirati all'esperienza della
prigionia. Seguono un volume di prose, Gli immediati
dintorni (1962), e altri di versi: Strumenti umani (1965),
Un posto di vacanza (1973), poi raccolto con altri versi
inediti in Stella variabile (1981). Importanti anche le
sue traduzioni poetiche da Char, Wilkīams, Apollinaire e
altri. Muore a Milaro nel 1983.
Da frontiera agli Strumenfi umani
La prima fase della lirica di Vittorio Sereni (Frontiera
[1941] e Diario d'Algeria [1947]) si svolge a contatto con
le esperienze ermetiche, ma l'ansia metafisica dei
cattolici fiorentini si tramuta in lui; lombardo e laico,
in un'ansia e in un'attesa esistenziale, laica, che nella
fase successiva (Gli strumenti umani [1965] e Stella
variabile [1981]) si sviluppa decisamente in direzione
storico-esistenziale. Analogamente sin dagli inizi; pur
nella comune ricercatezza stilistica, alla "poetica della
parola" degli ermetici Sereni oppone piuttosto una
"poetica degli oggetti", che lo accomuna in parte a
Montale. I testi che riproduciamo testimoniano entrambe
queste fasi.
La riflessione poetica di Sereni muove dal luogo natale,
rappresentato soprattutto negli elementi del paesaggio
lacustre, la cui natura potenzialmente idillica viene
frequentemente ad essere turbata da minacciose presenze,
che insinuano il disagio negli uomini e nelle cose. Si
tratterą di segnali minimi, il calare della sera che
sottrae familiari e rassicuranti punti di riferimento, la
comparsa di una vedetta militare sul lago, la sensazione
di sospensione nel vuoto che dą una terrazza pensile
(Terrazza) o il ritirarsi del lago che lascia affiorare
poveri oggetti infranti (Settembre). Ma il significato di
tali segnali minimi viene potenziato e dilatato dal poeta
che, in preda magari a una visione catastrofica
(Settembre), li solleva a emblemi o "correlativi
oggettivi" di una condizione esistenziale di volta in
volta di dubbiosa sospensione, di non pienezza vitale
(estraneitą alla vita, inautenticitą), di male di vivere.
Tale condizione costituisce il nucleo del messaggio che il
poeta affida ai suoi primi versi e su cui tornerą
insistentemente anche in seguito, come dimostra, crediamo,
il breve componimento Non sanno d'esser morti, tratto dal
Diario d'Algeria, che della condizione di prigioniero
bellico fa un simbolo pił vasto.
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