Letteratura italiana: Analisi del Novecento

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  Vincenzo Cardarelli
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Il sole a picco
 

Raccolta di prose e versi pubblicata a Bologna nel 1930. È un'opera fondamentalmente lirica, secondo i modi espressivi della "prosa d'arte" proposti negli anni venti dal gruppo della Ronda, di cui Cardarelli fu il teorico più abile e il maggior poeta. Contiene capitoli di varia intonazione e anche di differente qualità. Il miraggio e l'ideale di una prosa ormai tutta risolta in limpidezza formale è la sola unità da cercarsi in questo libro di impressioni e ricordi: e, se tale omogeneità, di stile appare come il più coerente risultato di quella poetica della trasparenza espressiva di cui i Prologhi Viaggi Favole avevano per la prima volta documentato l'ambizione e l'attuazione, è pur vero altresì che di quella prima esperienza (e dei suoi ritorni "umorali" nei libri della maturità) manca del tutto a questa il tormento umano, il dramma intellettuale, l'ambizione razionale e la dialettica sostanza - stile che, sia pure in favore di quest'ultimo, le prime prove di Cardarelli avevano comunque cercato. Qui un disimpegno di ragioni umane e intellettuali, un'assenza di conquista, di passaggio dalla resistenza della materia alla rarità della forma, testimoniano il pericolo insito nella tendenza alla prosa d'arte, e denunziano alla fine un decisivo impoverimento dell'ispirazione. Del resto, neppure al livello delle ragioni formali si può affermare che in questo libro tutto risulti ugualmente riuscito: spesso queste pagine trascorrono da un lirismo sostenuto e ricco di suggestioni e ritmi di squisita fattura ("Campagne di Firenze", "Soggiorno in Toscana", "Capri"; ma il pezzo migliore è certamente, tra questi, "Lago": una visione estatica di veloci e luminosissime impressioni) a un livello di mediocre risoluzione prosastica, a un cronachismo aneddotico privo di autentico gusto narrativo ("Primi passi", "Anni di gioventù"), a esercitazioni psicologiche di discutibile gusto e fattura ("Insonnia", immeritatamente famosa). Indubbiamente le prose migliori sono quelle che più direttamente si riallacciano all'esperienza di "Memorie dell'infanzia" (in Prologhi Viaggi Favole) e ai temi e alla stessa luminosità di una prosa sorretta dal gusto aristocratico dell'intelligenza: come "Il mio paese", descrizione finemente modulata del paese "vetusto", "ampio", "desertico", "protervo" (e si nota la cadenza leopardiana di certe reminiscenze, di certe atmosfere musicali); e "Elegia etrusca", ricca d'un senso accorato di civiltà perduta, (bella la suggestione, il "mistero" di quel popolo "segreto", destinato alla terra); e infine "Villa Tarantola" visione terrosa e mitica d'un paesaggio infantile, tutto colmo di solitudine e di deserta stupita irragionevolezza.
Arcangelo De Castris Leoni

 

Luigi De Bellis