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Opera di Giovanni Papini,
pubblicata a Firenze nel 1921. Sulla testimonianza dei
Vangeli canonici e, talora, di quelli apocrifi, narra
dalla nascita all'ascensione la vita del Redentore per
invocarne la grazia e la giustizia verso l'umanità
corrotta: perché tutte le generazioni rifiutano e
crocifiggono il Cristo, ma nessuna come questa è caduta
tanto in basso. La Storia di Cristo è il libro magno della
conversione di Papini; il bestemmiatore ha portato la sua
violenza al servizio della fede; l'"uomo finito" ha
fallito nella sua pretesa alla divinità, si è dichiarato
vinto e disfatto; rinasce come apostolo della fede e la
difende con tutti i suoi mezzi oratori. Dal punto di vista
storico la Storia di Cristo rappresenta l'ultimo tentativo
di difesa tradizionale contro l'anarchia morale
contemporanea. È una difesa non ragionata, ma impetuosa e
travolgente, una multiforme adesione al verbo di Cristo
senza nessuno scrupolo di conformismo cattolico. Anche la
narrazione è condotta liberamente, anticipando e
posponendo episodi e non curando la proporzione delle
divagazioni, né i problemi scientifici ed esegetici. Il
libro si apre con il simbolo della mortificazione: "la
stalla", che è poi il simbolo della terra, sulla quale
scende il Redentore; "sulla terra, porcile precario dove
tutti gli abbellimenti e i profumi non posson nascondere
lo stabbio, è apparso una notte Gesù, partorito da una
Vergine senza macchia, di nulla armato che d'Innocenza".
Papini conduce il racconto attraverso questi simbolismi, a
volte assai complessi, che vogliono essere la sua
interpretazione del Vangelo. "Molti hanno lasciato il
Cristo perché non l'hanno mai conosciuto. A codesti,
specialmente, vorrebbe giovare questo libro". Perciò sarà
bene considerare la Storia di Cristo non soltanto come un
documento letterario ma anche come opera di predicazione
religiosa, con tutti i difetti che l'eloquenza papiniana
comporta nei confronti del messaggio evangelico, così
dissimile per spirito e per forma. |