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Quadernetto di poesie e prose liriche in forma non
definitiva (quasi annotazioni e appunti) di Dino Campana
pubblicato nel 1960 a cura di D. De Robertis e con
prefazione di E. Falqui e ripubblicato insieme a tutta
l'opera di C. nei due volumi Campana - Opere e contributi,
ancora a cura di E. Falqui, nel 1973. Composto da ventisei
brani più o meno lunghi, da leggersi quasi esclusivamente
nella prospettiva dei Canti Orfici, il quadernetto fu più
volte abbandonato e ripreso: proprio questa mancanza di
sistematicità evidenzia bene la nascita e lo sviluppo di
alcuni temi centrali della più grande e più nota raccolta
poetica di Campana Indicativa, in questa direzione, è la
serie di appunti che costituiscono la prosa iniziale
"Faenza", primo abbozzo di quella omonima dei Canti
Orfici. I motivi sono quelli più ricorrenti e di più ampio
respiro della produzione maggiore: al di là degli squarci
impressionistici dell'ambiente popolato di figure ora
realistiche, ora misteriose, si leva il mito dell'eterna
gioventù latina, rappresentante di una spiritualità
naturalistica e di una spontaneità priva di complicazioni
filosofiche. In "Faenza" però, la vitalità latina trova
esplicazione nella danza, un sintomo della sempre costante
presenza, nel mondo ideale di Campana, dello spirito
danzante per eccellenza, lo Zarathustra nietzschiano, il
grande mito solare in cui egli ritrova l'essenza più
profonda dell'umanità. Ancora una volta è tentata la
connessione, così tipica del patrimonio intellettuale del
poeta, fra la sensibilità latino-mediterranea e la "Kultur"
tedesca, qui, però, alla luce di una affermazione, poi
espunta, estremamente indicativa: "Il valore dell'arte non
sta nel motivo ma nel collegamento quindi nel punto di
fusione si ha la grande arte: e la grande arte come la
grande vita non è che un ponte di passaggio". L'immagine
del ponte ritorna nel penultimo brano del quadernetto: il
"puro spirito" che lo varca è quello di uno dei più forti
ispiratori della poesia di Campana, Friedrich Nietzsche.
L'estrema frammentarietà e la provvisorietà di Taccuinetto
faentino forniscono, quindi, molteplici chiavi
interpretative e di chiarificazione di una poesia
complessa e ricca di novità per la sua epoca. Sempre nella
prospettiva dei Canti Orfici, è opportuno ricordare la
serie di appunti raccolti nel brano n. VIII, dai quali
sono derivati alcuni squarci di "Notturno teppista", di
"Oscar Wilde a San Miniato", ma nei quali sono più
ossessive e ricorrenti le impressioni di suoni e di luci:
"il gorgo di fremiti sordi", "le ali di fuoco dalle lunghe
spire fuggenti", "il fiume che nel fondo torbido riluce
come un serpente a squame", sono le turbate sensazioni,
angosciosamente reiterate, che pure formano "la bellezza
del tormento di Heine di razza mediterranea": è ancora
indicativo lo strazio prettamente latino vissuto da un
poeta tedesco. Altrove, per esempio nel caso degli appunti
contrassegnati dai nn. XX e XXII, non sono presenti solo
certi temi dei Canti Orfici, ma soprattutto il problema
della sistemazione della più importante raccolta: si
tratta, infatti, di annotazioni per un ordinamento del
materiale poetico. I restanti frammenti sono drammatiche
testimonianze psicologico-autobiografiche, impressioni
paesaggistiche, sensazioni di luci e di suoni, strali
polemici contro il mondo culturale contemporaneo: per
esempio, nel brano n. II sono oggetto di critica i
futuristi, ai quali peraltro egli fu legato da un rapporto
polivalente che va dal disprezzo alla simpatica e
divertita ironia. Negli ultimi appunti emerge l'ansia
violenta del viaggio; altre volte è la donna la
protagonista del frammento, la "vecchia troia" la cui
figura è ricorrente nella poesia di C. e che, se da un
lato dimostra come spesso l'amore per lui sia solo
strettamente realistico in tono postribolare, dall'altro,
quando essa ha occhi di sfinge, diventa espressione
dell'incognita e del mistero della vita. Tutto questo va
letto alla luce di uno dei più esemplificativi frammenti
di Taccuinetto faentino, una delle più chiare affermazioni
del modo "sui generis" di essere poeta di Campana: "Nel
fuggire la stretta oppressione dei contrari si crea
l'arte". Margherita Rossi |