Analisi opere di Benedetto Croce

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Parliamo di

  Letteratura italiana del Novecento
Autore recensione
Umberto Segre

 


Ultimi saggi
 

Settimo volume della raccolta dei "Saggi filosofici" di Benedetto Croce, pubblicato a Bari nel 1935. È diviso in tre sezioni: "Estetica" (dodici saggi); "Logica ed etica" (dieci saggi); "Eternità e storicità della filosofia: note critiche" (nove saggi); e costituisce una delle sillogi intrinsecamente più sistematiche di scritti crociani, perché quelli qui trascelti quasi deliberatamente contribuiscono a una esposizione del "sistema", per quanto sia apparentemente contraddittorio adoperare questo concetto per un filosofo che, proprio anche in alcuni di questi scritti, tende a svalutarne il principio. Eppure il Croce che più facilmente (e forse semplicisticamente) è passato, con un profilo ormai costante, nella storia della filosofia è quello che ha voluto, con particolare energia, scolpire il suo pensiero in scritti come l'Aesthetica in nuce (testo della voce "Aesthetics" composta nel 1928 per la 14° edizione della Encyclopaedia Britannica, riprodotta negli Ultimi saggi, e, in volumetto a sé, Napoli, 1929); i "Punti di orientamento della filosofia moderna", "Antistoricismo", e i capitoli, infine, della terza sezione, specie "La filosofia come inconcludenza sublime" e la caricaturale figura del "Filosofo", che Croce si vanta giustamente di aver distrutto in Italia, liberandola dal suo involucro mistico-accademico e facendola cadere come un feticcio screditato, di contro alla reale figura del filosofare come azione della ragione, che partecipa al farsi della storia. Gli scritti suricordati hanno un evidente tratto in comune: tendono egualmente a delineare la filosofia crociana nei suoi tratti di più operoso immanentismo: negazione della metafisica; del problema "unico"; del "mistero"; storicizzazione dei problemi della filosofia; contestazione del dualismo metafisico, come fondamento della visione premoderna del filosofare, che consente e legittima la filosofia come intuito di un "essere" esterno assoluto, o come mistico fallimento dinanzi alla sua inattingibilità. Convinto che la propria impostazione recasse invece i segni più caratterizzanti del pensiero moderno, Croce, in un altro di questi scritti ("Le due scienze mondane: l'Estetica e l'Economica"), riaffermava di aver saputo e voluto, nella costruzione della propria filosofia, ricollegarsi ai due indirizzi di ricerca che restano, a suo avviso, tipici e propri della nostra età, a partire dal rinascimento. Sia infatti il nuovo rilievo assegnato al bello come oggetto della sensibilità, sia la "scoperta" dell'utile (e in un primo tempo, della teoria dell'autonomia della politica; indi dell'economia come scienza) consentono di segnare una distinzione non arbitraria tra Medioevo e tempi moderni. Ma se C. sceglieva e sottolineava come novità storiche proprio queste due "scienze", era ovviamente anche per collocare storicamente sia le sue più costruttive ricerche di teorico, sia lo sviluppo che ne trasse con la teoria logica dei distinti, in quanto giustificazione della piena parità dei momenti spirituali all'arte e all'utile, a lungo svalutati dalla filosofia sistematica, sino a Hegel incluso. La coerenza degli Ultimi saggi qui viene sostenuta dai capitoli di ricerca o di polemica critico-storica. A difesa dell'estetica, e di una teoria dell'arte come momento teoretico anteriore al pensiero logico, stanno qui le ricerche e rievocazioni crociane relative a Baumgarten e al dibattito su di lui nell'estetica tedesca del Settecento (per Croce, Kant non avrebbe compreso, nella Critica del Giudizio, la sostanziale novità della teoria di Baumgarten). Vi stanno egualmente i saggi sull'estetica dell'Ottocento, e in particolare la puntigliosa dimostrazione che in Hegel la ("morte dell'arte" non sia affatto da interpretare come una metafora o un momento da far risorgere entro la visione metatemporale del corso globale della ragione; ma da capire davvero come fatto di effettiva decadenza storica, data la deliberata coincidenza, in lui, di dialettica e corso storico. Questo accento felicemente sistematico degli Ultimi saggi pone dunque dinanzi al lettore i termini più ribaditi, più sicuri di sé, più polemicamente confrontati del suo pensiero. Meno decifrabile, invece, in questo volume, la revisione (che negli scritti posteriori Croce avrebbe sempre più chiaramente affermato) della storia come nodo dialettico etico-politico in continuo svolgimento. La lascerebbero semmai indovinare gli scritti che si pongono al limite di filosofia e religione, come quello sulla grazia e il libero arbitrio. Dove, pur nella traduzione immanentistica di taluni classici termini della teologia, si intravede una volontà di mantenere i propri strumenti di lavoro immuni da rigidezze dogmatiche e pronti a dinamiche rielaborazioni.

 

Luigi De Bellis