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I vivi
e i morti |
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Romanzo pubblicato a Milano nel 1923. Posteriore di due anni a
Rubè, costituisce una ripetizione alquanto sbiadita
dei suoi problemi e dei suoi personaggi, su uno sfondo più
angusto, con minore incidenza storica. Eliseo Gaddi, dopo
una vita abbastanza insignificante trascorsa a Milano e in
altre città, ritorna alla casa della madre, nella campagna
lombarda. Qui trova il fratello Michele, che ha passato in
campagna tutta la sua vita, e convive con una giovane
contadina: lo scontro fra i due fratelli è immediato e
violento, provocato dall'insofferenza di Michele per
Eliseo che pretende di dedicarsi anch'egli alla terra e
appare invece al fratello un elemento difforme, una
macchia nella chiarezza della vita dei campi, per le sue
incertezze, i suoi dubbi, la debolezza della volontà, la
corrosione interiore dell'azione, il suo carattere di
intellettuale, morboso, oscuro, incapace di semplicità e
di forza. Eliseo è infatti un nuovo Rubè: il
rappresentante di una generazione in crisi, fragile, tutta
fervori e decezioni, inetta nell'azione e nella lotta,
inconsciamente maligna nella sua debolezza. Michele muore
dopo una discussione violenta, con Eliseo: che si sente
colpevole, è preso da rimorsi, da manie assurde, tormenta,
la madre cerca invano di trovare pace nell'attività della
terra. In un tentativo di evasione, a Milano, poi a
Venezia, riannoda i rapporti di amicizia con la ricca
famiglia Leri, e si innamora, ricambiato, di Sofronia Leri.
Ma anche nell'amore la sua incertezza lo porta al
fallimento: combattuto, dubbioso, dolorante, eppure
incapace di decidersi a vincere l'interiore indifferenza,
Eliseo abbandona Sofronia, che finirà per sposare, senza
amarlo, un ricco e insignificante borghese. Ritornato
presso la madre, Eliseo prosegue la sua esistenza senza
senso, come già corrosa dalla morte. Solo la madre, ormai
molto vecchia, cerca di salvarlo dalla pazzia che pare a
poco a poco invaderlo: è, l'unica persona viva, vigorosa,
sana, in mezzo a un mondo incerto e sconvolto. Eliseo
incomincia ad avere visioni, turbamenti psichici: e si
mette in testa di essere la reincarnazione di un prozio,
Alvise, morto molto tempo prima misteriosamente
assassinato. In una seduta spiritica subisce un violento
trauma psichico, e la malattia che ne deriva è lunga e
difficile: solo le cure della madre a poco a poco salvano
dalla morte Eliseo, ma l'uomo che esce dalla malattia è un
essere nuovo, finalmente chiarito. Eliseo ha ormai
accettato la sua vocazione alla morte: e una religiosità
sempre più precisa viene a rasserenarlo. Intanto Arianna
(una profuga russa divenuta sua amante) ha avuto una
figlia, che Eliseo prende con sé: gli ultimi suoi anni non
conoscono più tempeste, solo una grande rassegnata pace.
Il romanzo contiene i soliti elementi di maniera tipici di
Borgese: la russa fatale, lo spiritismo, le malattie tragiche;
ma soprattutto non dice nulla, di nuovo sul tema
dell'incapacità di vivere, dell'aridità degli affetti,
sulla crisi interiore dell'uomo dei primi anni del secolo,
che costituiscono il motivo centrale della sua narrativa.
Giorgio Barbieri Squarotti
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