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PAOLO
VOLPONI (1924-1994) sale alla ribalta con Memoriale
(1962), nel quale la vicenda del protagonista - che,
strappato alla civiltà contadina, divenuto operaio,
travolto dall'ingranaggio oppressivo e totalizzante della
fabbrica, finisce paranoico - diventa "figura", emblema
dell'alienazione di un'intera società.
Paolo Volponi ha lavorato per vent'anni nell'industria, e
da questa sua esperienza derivano i temi che, se non sono
gli unici della sua narrativa, sono tuttavia quelli
dominanti. Per la verità, Volponi ha esordito come poeta
con raccolte (Il ramarro, 1948; L'antica moneta, 1955; Le
porte dell'Appennino, 1960), nelle quali il riferimento e
l'adesione alla natura "appenninica", più che a un
vagheggiamento memoriale, mirano alla definizione di una
mitica condizione di vita totale, integra, appunto perché
pre-industriale; e alla poesia è tornato di recente (Il
silenzio campale, 1989), ma nel panorama letterario
contemporaneo si è imposto soprattutto come narratore. Con
Memoriale del 1962 egli già centra quella tematica che
sarà costante nella sua produzione: il rapporto fra l'uomo
e il lavoro industriale, le lacerazioni che derivano dal
rapporto uomo/fabbrica, il ruolo dell'industria nella
società contemporanea. Col successivo romanzo, La macchina
mondiale (1965), appare nell'universo narrativo di Volponi
una tipologia umana destinata a ritornare altre volte,
cioè una sorta di antagonista della civiltà contemporanea,
anarchico, messianico e visionario, estraneo alla
razionalità scientifico-produttivistica. In Corporale
(1974) questa tipologia trova una suggestiva realizzazione
nel protagonista, il professore Girolamo Aspri:
farneticante e, nel contempo, lucido nell'esame e nel
rifiuto della società contemporanea, perennemente lacerato
fra utopistica prospettiva di rinnovamento e critica
corrosiva, Aspri risulta una polisensa e problematica
incarnazione del disagio di vivere nella società odierna,
ma è anche l'espressione di un'indefessa volontà di
rigenerazione, di totale rinnovamento dell'uomo: la sua
lucida nevrosi fa tutt'uno con la profonda e ostinata
aspirazione alla realizzazione di un «nuovo Adamo», «vivo,
vivo, vivo, diverso, diverso, diverso».
Va poi sottolineata la notevole varietà di aspetti e di
moduli della scrittura di Volponi, che non ignora le
contemporanee esperienze della neo-avanguardia, ma per la
tensione ideologica e civile da cui la sua opera è animata
si riscatta da quel sospetto di gioco intellettualistico e
di manierismo che esse quasi sempre legittimano.
Trascurando qui di necessità altre opere che in vario modo
si collegano a questa tematica (notevole soprattutto Il
sipario ducale, 1975, uno dei rari testi contemporanei in
cui trova posto la rappresentazione dell'Italia lacerata
dal terrorismo), ricordiamo l'ultimo romanzo, Le mosche
del capitale (1989), nel quale Volponi riprende ancora e
approfondisce i temi a lui più congeniali: il ruolo
dell'industria nella società attuale, l'impossibile
realizzazione di una democrazia industriale, l'inesorabile
ingranaggio che fa piazza pulita di ogni tentativo di
rinnovamento.
MEMORIALE
La vicenda
Memoriale è un romanzo-confessione, raccontato in rima
persona da Albino Saluggia operaio in una fabbrica
piemontese. Alle spalle egli ha un passato doloroso:
emigrazione, prigionia, malattia (tubercolosi). Pur con
questo triste retaggio di dolori fisici e morali, Saluggia
aspira sinceramente a una vita nuova, sana, che sembra per
lui incarnarsi nel lavoro in fabbrica. Al contrario, la
superficialità dei rapporti umani che regna in essa, la
disumanità del lavoro stesso, lo ricacceranno nella
malattia (spirituale prima ancora che fisica). La asettica
assistenza della medicina di fabbrica, nella persona dei
suoi medici-burocrati, è interpretata da Saluggia come una
persecuzione ai suoi danni, una congiura finalizzata ad
emarginarlo e a schiacciarlo. Si isola sempre di più, il
suo rendimento sul lavoro cala, e al calo corrispondono
lavori sempre più declassati; tuttavia, nonostante la sua
inefficienza ed il suo comportamento sempre più
"anormale", la fabbrica continua ad aiutarlo con
paternalistica benevolenza. Quando però la sua protesta
assume connotati di pericolosità politica (Saluggia incita
i cuochi della fabbrica a scioperare), la direzione non
esita a licenziarlo.
Un messaggio a più livelli
Memoriale è un romanzo che sfugge ad ogni schematica
definizione, perché l'autore infrange in esso qualsiasi
stereotipo e convenzione letteraria, contaminando
tipologie tematiche e registri stilistici. Memoriale
sorprende continuamente il lettore, a cominciare dalla
scelta anomala di un "diverso" (malato e nevrotico) come
protagonista e sovente portavoce dell'autore. A prima
vista il libro si configura come un romanzo-inchiesta di
tipo sociologico. Questo livello è indubbiamente presente
nel testo: infatti lo stesso Volponi dichiarò di essere
stato indotto a scrivere Memoriale proprio dalla pena del
suo lavoro all'interno di una grande fabbrica (aveva
allora un incarico di notevole responsabilità nella
Olivetti di Ivrea). Lo scrittore rimproverava agli
intellettuali di non aver ancora indagato criticamente la
realtà dell'industria per un atteggiamento preconcetto di
antistorico rifiuto. Memoriale assolve dunque a questa
funzione di indagine critica e mette in luce la
spersonalizzazione del lavoro e la povertà dei rapporti
umani in fabbrica, la difficoltà di integrazione tra
l'efficientismo tecnologico e una visione del mondo
arcaica, contadina (di cui è portatore Saluggia). Sebbene
il punto di vista resti costantemente quello "straniato"
del nevrotico Saluggia, vi sono nel libro vere e proprie
pagine da inchiesta. Ad un secondo livello il libro può
essere letto come romanzo-diagnosi e storia di una
nevrosi, con spunti di tipo psicanalitico quasi
"canonici": il rapporto ambivalente (e fortemente
dipendente) di Saluggia con la madre, l'orrore-attrazione
per il sesso, la malattia come fuga dalle responsabilità
della vita adulta e regressione ad una rassicurante
dimensione infantile. I due filoni tematici (il mondo
della fabbrica e la nevrosi) sono nel romanzo correlati:
non tanto nel senso più ovvio (la fabbrica provoca la
nevrosi), quanto perché è proprio la nevrosi, la
"diversità" di non integrato che consente a Saluggia la
libertà di giudicare i1 mondo della fabbrica, che
determina il suo non conformismo e la sua ribellione.
Naturalmente la delega al "folle" Saluggia del giudizio
sulla fabbrica implica da parte dell'autore una
particolare visione del rapporto follia-ragione. Volponi
(Intervista con Camon) riteneva che la follia fosse non
tanto il contrario della ragione, un uso alternativo (ereticoutopistico)
di essa. C'è poi una terza chiave di lettura, che a noi
sembra la più coerente con l'intima natura del libro
(naturalmente senza escludere le altre due prospettive
indicate): quella simbolica. In quest'ultima prospettiva
la storia di Albino Saluggia nella fabbrica si può
considerare una metafora dell'alienazione dell'uomo
moderno perseguitato da un'Autorità opprimente e
mostruosa, della sua sete inappagata di verità in un mondo
convenzionale e freddo.
Tecniche narrative
La natura memorialistica del romanzo comporta una
divaricazione temporale tra "io narrante" e "io narrato".
Il primo, oltre a raccontare (con i classici tempi
narrativi, imperfetto e passato remoto) le vicende di
Albino Saluggia in un certo arco di tempo, fa sentire
sovente la sua voce (attraverso i tempi commentativi del
presente e passato prossimo). Rispetto all'io narrato, il
narratore si attribuisce maggiore consapevolezza critica e
capacità di giudizio (a volte, si sente marcatamente la
sovrapposizione dell'ideologia dell'autore).
Significativamente però, consapevolezza e capacità di
giudizio non sono frutto di una guarigione dalla nevrosi
(che sembra anzi essersi aggravata), ma si associano ad un
approfondimento del carattere "deviante", eversivo di essa
(«Mi resta solo la lotta che ho intrapreso per la vittoria
della giustizia... sacrificandomi come un ribelle». La
scelta della follia di Saluggia come prospettiva
fondamentale della narrazione comporta importanti
conseguenze sulle strutture narrative di Memoriale. Viene
infatti totalmente sovvertito un impianto di tipo
naturalistico-realistico, sia per quanto riguarda
l'intreccio (costruito e fatto procedere da un'angolazione
prospettica per lo meno anomala), che le strutture
temporali e la rappresentazione stessa di personaggi ed
ambienti. Le date precise che così spesso ricorrono in
Memoriale non hanno la funzione di scandire il trascorrere
di un tempo oggettivo, ma acquistano senso solo nella
visione alienata di Saluggia, ritmano le sue oscure
ossessioni. II modello temporale che agisce nel romanzo
può essere efficacemente rappresentato con queste parole
attribuite al protagonista: «Francia, collegio, prigionia,
fabbrica, sanatorio, tutto mi sembrava nel mio tempo non
fisso; mobile, in moto, a destra e a sinistra, ruotante
come il cielo di una improvvisa stagione». Anche i
personaggi sono costantemente rifratti dalla soggettività
turbata del protagonista: il filtro della sua nevrosi ne
deforma il volto, proiettandoli in una dimensione
allucinata che ne focalizza il significato simbolico
profondo. Particolarmente interessanti in questo senso
sono le figure dei medici della fabbrica, che a un primo
livello esemplificano i limiti dell'assistenza medica in
fabbrica, fredda e distaccata, ma che, nella visione di
Saluggia, diventano oscuri persecutori, simbolo di un
sistema che cerca di neutralizzare e schiacciare i puri, i
ribelli, gli innocenti. La fabbrica stessa, ambiente
principale del romanzo, è sottratta ad ogni realistica
definizione, e la rappresentazione di essa risente dei
fluttuanti stati d'animo del protagonista: da luogo
protettivo, «di sovrumana bellezza», l'ingresso nel quale
ha qualcosa di iniziatico, a luogo innaturale, ostile, di
cui Saluggia penetra con acutezza i meccanismi alienanti
ed oppressivi, e che il suo amore deluso vuole «punire».
Le scelte espressive
La lontananza della poetica volponiana da schemi di tipo
realistico (e neorealistico) è ribadita anche sul piano
espressivo: solo saltuariamente infatti si ha la mimesi di
un linguaggio subalterno (quale si addirebbe al
personaggio). Il linguaggio-tipo di Memoriale oscilla
piuttosto tra una prosa lucida, analitica, quasi
saggistica, e una prosa lirica, spesso arditamente
analogica, da poeta raffinato (quale Volponi stesso era).
Il lirismo scaturisce in parte da una disposizione
elegiaco-sentimentale, ma soprattutto dall'ottica
visionaria, "altra" di Saluggia, legandosi a quei miti
viscerali, elementari con cui egli interpreta il mondo
stesso della fabbrica. Si comprende allora la
dichiarazione dell'autore: «Secondo me, quella carica di
liricità che c'è nel libro, è il suo strumento critico,
d'intervento sulla realtà». |