A QUALUNQUE ANIMALE ALBERGA IN
TERRA
Non è un caso che, in questa
sestina, figuri, fra le
parole-rima, alba, che rievoca
la tematica delle albe
provenzali. Il tema affiora
chiaramente nella strofa 6; ma
subito dopo essere comparso,
viene «trasformato», per mezzo
di una figura sintattica, la
negazione (vv. 34-36: «e non se
transformasse»), che ha la
funzione di annullarlo, in un
altro, tipico anch'esso di
Petrarca delle prime poesie:
quello del cosiddetto amore
dalneo; Laura si trasforma in
lauro-alloro, come la bella
Dafne della storia mitologica, e
il poeta che la insegue
vanamente è come Apollo che
vanamente inseguiva Dafne.
Proviamo ad analizzare il
sistema semantico (Strumenti)
delle parole-rima di questa
sestina, con criteri un poco
diversi da quelli usati da C. Di
Girolamo per la sestina
dantesca.
Due parole-rima indicano lo
spazio terreno: terra e selva, e
hanno fra loro un rapporto
metonimico (la selva come parte
della terra) ma possono anche
costituire un rapporto
oppositivo: terra come spazio
neutro, o deserto, o materia
bruta, selva come spazio vitale,
vegetativo, ecc.
Due parole-rima indicano lo
spazio celeste: stelle e sole.
Anche in questo caso c'è un
rapporto metonimico di entrambi
i termini rispetto al cielo e
del l'uno rispetto all'altro (il
sole è una delle stelle). Anche
in questo caso, poi, si può
stabilire fra i termini un
rapporto oppositivo: giorno
verso notte, caldo verso freddo,
luce forte verso luce
tremolante, unicità verso
molteplicità, ecc.
Due parole-rima indicano il
tempo: giorno e alba. Anche in
questo caso è evidente - anzi
più forte - il rapporto
metonimico (alba come parte del
giorno), mentre è meno evidente
- o più debole - un possibile
rapporto oppositivo (a meno che
non assegniamo l'alba alla
notte, considerandola come
conclusione della notte, secondo
la tradizione poetica delle
albe).
Avendo scelto un sistema
semantico così ricco di
possibili rapporti (di
parallelismo semantico o
'tensione oppositiva) fra le
parole-rima, Petrarca tende in
questa (e anche nelle altre
sestine da lui scritte) ad agire
proprio sulle parole-rima. Il
sistema allora si apre, le
operazioni di dilatazione dei
significati (per mezzo delle
figure retoriche note: metafore,
similitudini, perifrasi,
metonimie) si fanno molto più
decise e, anziché partire dalla
parola-rima per creare nuovi e
imprevisti contesti, come fa
Dante, Petrarca trasforma anche
il significato della
parola-rima. Mentre Dante era
prigioniero volontario e
ossessivo dei termini scelti,
Petrarca se ne libera
dilatandone le oscillazioni di
significato e arrivando con
«lauro/l'auro» alla rima
equivoca. Finisce così con il
disinnescare il potenziale
semantico delle parole-rima, e
ridurre di molto la concretezza
dei singoli termini, dando a
tutta la poesia un carattere di
maggiore fluidità, usando uno
stile meno violentemente
espressivo e meno ricco di
immagini ardue e difficili.