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FRANCESCO PETRARCA
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CHIARE FRESCHE E DOLCI ACQUE
Canzone
che fa parte del Canzoniere. Č
l'apoteosi di Laura: un'apoteosi
terrena che si accenna in pił
d'un componimento del Canzoniere
e che qui si dispiega in tutta
la sua compiutezza con singolare
vaghezza d'immagini e morbidezza
di accenti. Intorno alla visione
della bellissima che ci si
presenta nella quarta stanza
accanto alle acque mormoranti
sopra un verde prato sotto una
pioggia di fiori, si muove tutta
la poesia: l'esordio in cui il
poeta, tornato lą ov'ebbe la
rivelazione di quella bellezza,
sembra richiederla ancora alle
acque, agli alberi, all'erbe, e
la fantasia a cui si abbandona,
melanconica e dolce a un tempo,
di morire e di essere sepolto in
quel luogo a lui caro, e di
commuovere estinto ad amorosa
pietą l'insensibile, richiamata
anch'essa in quei luoghi e
indotta dalla funebre vista al
pianto, pianto soave di una
bella donna, non sono che
preparazione a quella visione,
viva per sempre nell'intimo del
poeta e risorgente in tutto il
suo fulgore dopo quel preludio
fantastico ed elegiaco. Dove
sono le immagini funebri e i
sogni lamentosi? "Da'bei rami
scendea - (Dolce nella memoria)
- Una pioggia di fior sovra il
suo grembo; - Ed ella si sedea -
Umile in tanta gloria - Coverta
gią dell'amoroso nembo".
Null'altro esiste per il poeta
se non la mirabile vista: e con
quelle immagini risorge in lui
lo sgomento di un giorno,
l'estasi di fronte a una pił che
umana visione. "Quante volte
diss'io - Allor pien di
spavento: - Costei per fermo
nacque in Paradiso... - I'dicea
sospirando: - Come venn'io o
quando? - Credendo esser in ciel
non lą dov'era". Tutta l'ultima
stanza vibra di quel sentimento
che porta una nota drammatica
nella celebrazione della
bellezza, e bene si chiude
ricongiungendosi all'inizio, col
farci sentire l'animo del poeta
perennemente esaltato e
perennemente inappagato per quel
prezioso, unico ricordo. "Da
indi in qua mi piace -
Quest'erba sģ che altrove non ho
pace". E l'entusiasmo di tutta
la canzone continua nel congedo
brevissimo nel quale non č gią
da vedere una confessione che il
poeta faccia dell'insufficienza
della sua poesia, ma ancora la
celebrazione di quel tema, per
il quale all'animo commosso
nessun ornamento pare bastante e
che potrebbe fare la pił bella
delle poesie, non timorosa del
giudizio di ogni sorta di
lettori. "Se tu avessi ornamenti
quant'hai voglia - Potresti
arditamente - Uscir dal bosco e
gir in fra la gente".
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Mario
Fubini | |
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